quando_c_era_berlinguer_locandinaDistopia. Parola desueta – fu coniata nel 1868 dal filosofo John Stuart Mill – tornata alla ribalta nell’epoca dei molti post (post-moderno, post-ideologico, post-di-tutto-un-po’). Un termine usato in contrapposizione a utopia, per rappresentare un luogo (una società) sgradevole, indesiderabile, una prospettiva disastrosa.

Da un pessimismo dispotico era attraversata l’intervista a Marco Revelli, apparsa giorni fa su Repubblica, in cui si discorreva del suo libro Post-sinistra. Cosa resta della politica in un mondo globalizzato. Lo storico-sociologo parlava della “catastrofe di un mondo senza politica”, di una sinistra che, giustappunto in assenza di politica, è pressoché scomparsa, consegnata al dominio delle tecnocrazie liberali. Poiché – sempre a detta di Revelli – a fare politica dovrebbe essere, per sua stessa natura, la sinistra. Non certo la destra, che tutela i privilegi di una minoranza; non chiede regole, ma vuole abolirle; non si fa carico di una proposta organica di società, “ma si limita a suggerire ricette perché sia il libero mercato a plasmare la realtà”. Un’analisi tosta, che in queste settimane incrocia un altro dibattito. Quello sul docufilm di Walter Veltroni, Quando c’era Berlinguer, dedicato a colui che forse è stato l’ultimo uomo di sinistra della storia politica italiana. Un film, anche ben fatto, che, però, sembra aver mimetizzato nella nostalgia e nel lutto l’arrendevolezza di certa (ex?) sinistra dinanzi all’odierno spaesamento.

Viviamo in tempi bui, avrebbe detto Bertolt Brecht. Difficili pure da analizzare, tanto che prevalgono spesso le semplificazioni, nuovi slogan e retoriche. Si prenda, ad esempio, il refrain del post-ideologico, che da mera presa d’atto rischia di essere trasformato in vera e propria ideologia (in buona misura, conservatrice). I giovani cercano di galleggiare nella precarietà del presente. In unica soluzione abbiamo inibito loro il futuro e li abbiamo anche immunizzati da eventuali nostalgie. Ripagano, giustamente, la politica con il disinteresse (non concedono nemmeno il disprezzo, che già sarebbe un sentimento). Per le persone più avanti negli anni, funziona splendidamente il populismo, specie di Via-gra che, all’occorrenza, risolleva ammosciate istanze e che si motiva come risposta grezza e speculare “a chi ha mandato il Paese a puttana”.

Liberati, vivaddio, dagli angusti spazi dei muri ideologici, altri muri (non meno ideologici e a tutela di ristretti interessi) si sono edificati: invisibili, eppure insormontabili. Stabilirne la parte destra o sinistra non è agevole. Molto dipende dal punto in cui ciascuno sceglie di collocarsi.