Le terre di Toscana che, lungo la costa, dalle Apuane scivolano fin dentro i misteri dell’antica Etruria, hanno il profumo del salmastro, dei pini e di tutte le parole che le hanno saputo raccontare. Potremmo addirittura dire che sono state proprio certe pagine letterarie ad “inventarle”, come nel caso di quelle del D’Annunzio (l’acuta osservazione è di Cesare Garboli) che “vide la Versilia nella sua nudità e la fece parlare… la fece esistere”. Scriveva il Vate nell’Alcyone: “Non temere, o uomo dagli occhi / glauchi! Erompo dalla corteccia / fragile io ninfa boschereccia / Versilia, perché tu mi tocchi”. L’aneddotica dannunziana narra, peraltro, che sul letto di morte il poeta avrebbe chiesto una zolla di terra del parco della Versiliana per poterne aspirare il profumo un’ultima volta.
Sarà invece il mare di Viareggio ad essere teatro di alcune storie raccontate da Mario Tobino, che ebbe a dire come il segreto di quel suo luogo natale fosse “un’umana anarchia, piacere e sfrenata libertà, assomigliare alle risate e alla forza del Libeccio”.
Terre, dunque, che suscitano sentimenti forti e che, magari scendendo verso la Maremma, riecheggiano dei carducciani versi: “Dolce paese, onde portai conforme / l’abito fiero e lo sdegnoso canto / e il petto ov’odio e amor mai non s’addorme, / pur ti riveggo, e il cuor mi balza in tanto”. Eh già…, la fascinosa Maremma, di cui Dante, nell’Inferno, ne aveva così definito i confini: “Non han sì aspri sterpi né sì folti / quelle fiere selvagge che ‘n odio hanno / tra Cecina e Corneto i luoghi colti”.
Di maremmane atmosfere saranno anche intrisi molti dei romanzi di Carlo Cassola come “Il taglio del bosco” o “Un cuore arido” dove (siamo a Marina di Grosseto) “Una striscia di mare illuminata dalla luna emergeva dal buio… Sembrava una striscia di stagnuola. Avanzando, si ondulava: finché, troppo tesi per reggere allo sforzo, i cavalloni si rompevano in uno scintillio di spume”. E torna alla mente anche il romanzo d’esordio di Antonio Tabucchi (Piazza d’Italia, 1975) in cui la Maremma toscana dagli anni dell’Unità d’Italia e fino alla metà del Novecento è narrata alternando vivace realismo, racconto corale, toni quasi fiabeschi.
E poi c’è il mare dell’arcipelago toscano da cui Raffaello Brignetti (nato al Giglio, vissuto tra Roma e l’Elba) fa affiorare (si legga “Il gabbiano azzurro”) belle storie di uomini e di terre: “Prima che quella notte iniziasse, il mare si era sollevato; aveva stretto l’isola più da vicino e più sopra: più grande che mai, ferma, l’acqua era intorno a una terra senza proporzioni rispetto ad essa”.