Strani tempi corrono. Populisti e xenofobi difendono il cristianesimo brandendo (per ora solo a parole) crocifissi e reclamando vescovi nostrali come “la polenta della domenica”. Ladri e frequentatori di progrediti lupanari ribadiscono (solo per un modesto tornaconto politico) gli irrinunciabili (sic!) principi della morale cattolica. La Chiesa – sempre più in affanno rispetto a un mondo che prescinde dalle fedi o che le assume in allucinanti integralismi – si barcamena fra pronunciamenti alti (come è giusto che sia) e i soliti compromessi di basso commercio. I cattolici praticanti vivono ormai in silenzio il loro credo, spesso a prezzo di molta sofferenza, procuratali, per paradosso, dalla stessa istituzione ecclesiale ogni qual volta essa si irrigidisca su questioni etiche e dottrinali, smentendo quell’Amore che è poi l’essenza dell’annuncio evangelico (terribile, in tal senso, fu l’epilogo del caso Welby).
Ma dentro quella sorta di smog dell’anima che la società post-moderna produce polverizzando se stessa in corporativismi, gelosi interessi, egoismi e chiusure, si respira inaspettatamente (?) un desiderio di spiritualità. Tant’è che persino le librerie impilano molteplici titoli su argomenti religiosi, teologici, ecclesiali.
Proprio sulle questioni che prima accennavamo (quelle etiche) si diffonde il volume di Marco Politi dall’esplicito titolo La Chiesa del no (l’intervista all’autore che in questa stessa pagina pubblichiamo ne fa capire i contenuti). Significativo, poi, che molti lettori (il libro è nella classifica dei più venduti) abbiano affrontato il tema della libertà interiore (unica condizione per non essere menzogneri di fronte a se stessi e agli altri) attraverso le pagine di La vita autentica del teologo Vito Mancuso. E persino Alessandro Baricco nel suo ultimo libro allude – e non si capisce più di tanto la pertinenza – a una delle pagine più belle del Vangelo, titolando Emmaus ciò che risulta essere un banale romanzetto di formazione.
Sempre a giudicare dalle vendite, non c’è timore nemmeno di confrontarsi con la mistica che Carlo Maria Martini propone nelle sue intense meditazioni sulla preghiera, dove l’ex vescovo di Milano, da una fragile condizione di vecchiaia e di malattia, propone Qualcosa di così personale quale è, appunto, l’esperienza della preghiera, per trarsi “fuori dalla schiavitù delle immanenze quotidiane”. Rivisitando, dunque, la celebre battuta di Woody Allen potremmo concludere che noi ci sentiamo davvero poco bene, ma Dio non risulterebbe affatto morto.