Partiamo dalla cronaca. E’ recentemente deceduta in Olanda, all’età di 100 anni, Miep Gies, la donna che scoprì e conservò i diari di Anna Frank fino a quando ebbe modo di consegnarli al padre della ragazza. L’anziana signora era l’ultimo superstite del gruppo che tra il 1942 e il 1944 aveva aiutato a nascondere la famiglia Frank nella famosa casa di Amsterdam, poi divenuta museo. E’ di qualche giorno fa anche la notizia che un parlamentare leghista ha chiesto al ministro competente che venga scoraggiata nelle scuole la lettura della versione integrale del Diario di Anna Frank (gli alunni rischierebbero di averne turbamento) dove in una pagina l’adolescente Anna descrive il suo divenire donna. Se la prima notizia ci ha commosso, la seconda ci ha lasciati tantomeno disorientati per gli argomenti con cui possa sollevarsi una tale questione che bene ha interpretato Massimo Gramellini su La Stampa, rilevando come – non i bambini, ma alcuni adulti – siano così “incapaci di cogliere il senso complessivo di un evento o di un’opera, arrestandosi davanti al particolare ‘scabroso’ o semplicemente irrituale”. Insomma: o c’è malafede (e certi rigurgiti razzisti non costituiscono dei bei segnali) o si è davvero ottusi, arroccati in esistenze che non vogliono essere disturbate da ciò che “diversamente” andrebbe a interpellarle di brutto.
Se il Diario di Anna Frank inquieta non è, infatti, per le tenere scoperte che una ragazzina fa del proprio corpo, quanto per il dramma che, ingiustamente (perché a lei?), in quell’esserino andò ad annidarsi, ne invase sogni, coscienza, slanci. Le infamie della storia quali la Shoah, sono immani per la somma delle vittime, ma non di meno per come abbiano devastato ogni singola, piccola vita che vi si è trovata coinvolta. Leggiamo nel Talmud (splendida raccolta di dottrina e sapienza ebraica) che salvare un essere umano è salvare tutto il mondo (ricorderete questa frase che Spielberg pose in epigrafe al suo film Schindler’s list). Per la stessa toccante ragione, chi annienta una persona distrugge l’intera umanità.
Quello scricciolo di donna che rispondeva al nome di Anna Frank, reclusa nell’asfittico universo di un nascondiglio, percepiva in lei “il mondo mutarsi lentamente in un deserto”, ascoltava impaurita “l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure”. Ciò nonostante guardava il cielo perché “tutto volgerà nuovamente al bene”. E in tale speranza voleva conservare intatti i suoi ideali per “un tempo in cui forse saranno ancora attuabili”. Ebbene sì, meglio non turbare i bambini con queste parole sempre più disattese.