Che fascino i libri medievali! Stiamo parlando, sia chiaro, non della paccottiglia libraria ad argomento medioevo, ma proprio delle opere prodotte in quel lungo arco temporale convenzionalmente compreso tra il 476 e il 1492. Una letteratura, a ben pensarci, che fonda le origini dei generi letterari moderni e che dalla lingua latina genera un volgare sempre più elegante e ricco di forza espressiva. Tempi in cui il “bestseller” poteva anche non avere un autore unico, perché magari qualche amanuense, ad ogni trascrizione, ci metteva del suo o perché la trasmissione orale ne aveva fatto, si direbbe oggi, un’opera in progress. Ma ci furono anche scrittori ben identificati e particolarmente amati dal pubblico come, ad esempio, Jacopo da Varazze che con la Legenda aurea (ampia raccolta dedicata alle vite di santi) ebbe a… vendere più copie della Bibbia.
Per ovvie ragioni tirava molto la letteratura religiosa. Il cristianesimo costituiva la cultura di riferimento e poteva contare su intellettuali organici del calibro di Tommaso d’Aquino, Pietro Abelardo, Anselmo di Canterbury; colti pensatori, teologi spesso impegnati nello sforzo di inculturare di dottrina ecclesiastica ciò che era stato il sapere pagano.
Per venire, invece, ad una letteratura più emotiva, si pensi al vigore lirico del francescano Cantico delle creature o al ritmo crescente e drammatico del Dies irae o ancora allo Stabat Mater, intenso inno di meditazione e invocazione rivolto alla Vergine.
Certo che non mancò nemmeno una “fronda”, quella dei clerici vagantes, autori di impertinenti quartine contro chiunque fosse associabile al potere ecclesiastico e nobile o comunque ostaggio di grettezze esistenziali e intellettuali. Sempre laiche furono poi le canzoni di gesta (fra le più belle la Chanson de Roland), così come quelle a tema di “amor cortese”, proposte in tour da fascinosi cantautori (i troubadours), attraverso cui andava costituendosi una sorta di etica e poetica del sentimento amoroso.
Alla faccia della diffusa misoginia guadagnarono la ribalta letteraria persino alcune donne: Caterina da Siena, Brigitta di Svezia, Chiara di Assisi; mentre sul versante profano piacquero molto Maria di Francia (chi si celava veramente dietro quel nom de plume?) che compose malinconici lais ispirati a leggende bretoni e Christine de Pizan, donna autonoma ed emancipata al punto da azzardare questa metafora: “allora diventai un vero uomo, non è una storia, / capace di condurre le navi”. E voi continuereste a chiamarli secoli bui?