Il recente romanzo La chiave del tempo della danese-americana Anne Fortier prende lo spunto da una delle molte versioni ante litteram dello shakespeariano Romeo and Juliet, e più precisamente dalla novella di ambientazione senese di Masuccio Salernitano Mariotto e Ganozza, due giovani appartenenti rispettivamente alle famiglie dei Mignanelli e Saracini.
E’ noto, d’altra parte, che di “giuliette e romei”, ovvero con quello stesso impianto tematico e narrativo, è ben fornita la letteratura, che a partire dal Boccaccio, attraverso Sermini, Masuccio, da Porto, Bandello, Boaistuau, Brooke e Painter, ha condotto per varie fasi e rimaneggiamenti al dramma di Shakespeare.
Solo per rimanere in ambito senese il repertorio è piuttosto ricco e fantasioso. Dicevamo, ad esempio, del Sermini che tra le sue novelle inviate ad un amico stravaccato a passar l’acque ai Bagni di Petriolo, inserì anche la vicenda di Vannino e la Montanina.
Una versione moralizzatrice della novella serminiana, sempre di epoca quattrocentesca, è attribuita a un altro senese (nativo di Montepulciano): Bernardo Ilicino, filosofo e lettore di medicina presso lo Studio senese, che scrisse Opera dilettevole et nuova de’ gratitudine e liberalità, dove i protagonisti si chiamavano Angelica Montanini e Anselmo Salimbeni.
E’ invece di epoca cinquecentesca il racconto di Scipione Bargagli (“Schietto Intronato” era il suo nome assunto all’interno dell’omonima Accademia). L’opera letteraria a cui tuttora è legata la sua fama è la raccolta di novelle intitolata I trattenimenti di Scipion Bargagli doue da vaghe donne, e da giouani huomini rappresentati sono honesti, e diletteuoli giuochi: narrate nouelle e cantate alcune amorose canzonette (Venezia, 1587). Ed è qui che si può leggere pure la storia d’amore di Cangenova Salimbeni e Ippolito Saracini.
In tutti questi racconti, le situazioni e l’intreccio della vicenda sono simili: famiglie che si guatano in cagnesco (che erano “già tristi”, scrisse Dante a proposito dei Capuleti e Montecchi), amori dunque impossibili, frati complici e un po’ ruffiani, pozioni soporifere, cripte cimiteriali, suicidi. Insomma il dramma è… alto. A Masuccio Salernitano va riconosciuto per lo meno il merito che nella sua versione non trascura l’allegro erotismo dei due ragazzi e l’atmosfera “solare” in cui essi si muovono. Tanto, poi, ci penserà Shakespeare a dare un senso morale alle vicissitudini di quegli amanti, personaggi archetipici dell’amore tragico e letale. Tanto da arrivare a dire “E così con un bacio io muoio”.