Agli amanti della letteratura che cercassero un luogo di vacanza dove non solo poter leggere libri, ma “abitare” un paesaggio che sia ormai divenuto anche uno spazio testuale, consiglieremmo di trasferirsi per qualche giorno a Bocca di Magra. Striscia di confine tra Toscana e Liguria. Molto più che una terra di transizione tra due regioni. Un vero e proprio “punto di vista” sulla vita dove gli elementi naturali (fiume, mare, montagna; ovvero liquido movimento e magma) sembrano alludere e rifrangere gli umani destini, il loro compiersi o pietrificarsi dentro l’enigma.
Bocca di Magra fu appartato luogo di poeti cui si devono splendide pagine che rivelano quel paesaggio senza mai “descriverlo”, ma semplicemente evocandolo. Esemplare, a questo proposito, è il poemetto di Vittorio Sereni intitolato Un posto di vacanza (versi che richiesero il laborioso limio di quindici anni). Nel Posto di vacanza (che era, appunto, Bocca di Magra) ben pochi sono i dettagli che vanno a connotare il luogo, eppure il poeta in una insistita osmosi con le cose e le persone, ce lo svela (molteplice) più “vero” del suo reale, allorché “vinto il naturale spavento / ecco anche me dalla parte del mare / fare con lui tutt’uno / senza zavorra o schermo di parole, / fendere il poco di oro che rimane / sulle piccole isole / postume al giorno tra le scogliere in ombra già […]”.
Un altro poeta, Eugenio Montale, aveva scritto di un Ritorno a Bocca di Magra, laddove “bruma e libeccio sulle dune sabbiose lingueggiano”, mentre (in quegli anni non esisteva il ponte ad unire le due sponde del fiume) “là celato dall’incerto lembo / o alzato dal va-e-vieni delle spume / il barcaiolo Duilio […] traversa / in lotta sui suoi remi”.
Accade così che l’io poetante diventa medium per farci “conoscere” topografie estranee o dilatarle (quando pure siano note) fino alla raffigurazione ipotetica dell’inconoscibile. E’ ciò che avviene ancora nei versi di Franco Fortini, che dalla sua casa sopra Bocca di Magra (sulle pendici boscose del Montemarcello) auspicava che “i vostri occhi potessero vedere / questo cielo sereno che si è aperto, / la calma delle tegole, la dedizione / del rivo d’acqua che si scalda”, rimandando a un dopo “quello che deve essere detto”, poiché all’istante sarebbe bastato guardare “la bella curva dell’oleandro, / i lampi della magnolia”.
Capirete, insomma, come la parvenza di un luogo abbia sempre bisogno di una sua “rappresentazione” per rivelarsi in ciò che di universale contiene. E’ per questo che merita farsi una vacanza affittando magari… una poesia vista mare.