Pur con percentuali al di sotto dei coetanei europei, pare che i ragazzi italiani leggano più libri dei loro genitori. Se la cosa è vera ci troviamo dinanzi a una di quelle situazioni in cui sono i figli ad educare chi esercita su di essi la patria potestà, in tal caso con autorevole ignoranza. Allora coraggio ragazzi, intervenite finché siete in tempo. Prima che babbo e mamma vi portino in gita al tunnel del Gran Sasso a vedere i neutrini che arrivano dalla Svizzera più veloci della luce; salvate vostra madre dal credere che Il piccolo principe sia la biografia non autorizzata del principino William. Sorprendeteli, vendicatevi con eleganza di tutte le paternali (e maternali) che siete costretti a sciropparvi. A Natale regalate loro un libro.
Giusto per indicare il senso della genitorialità potreste depositare sotto l’albero il sempreverde Profeta di Gibran, magari con il bigliettino di auguri infilato tra le pagine in cui si legge che “I vostri figli non sono i vostri figli … Potete sforzarvi d’essere simili a loro, ma non cercate di renderli simili a voi”. Esemplare anche il Pirandello di Tutto per bene, commedia utile a capire la differenza che c’è tra fare il padre ed esserlo, perché non è sufficiente credersi genitori se poi non si è riconosciuti come tali dai figli. A voler essere spietati ci sarebbe poi la drammatica Lettera al padre di Kafka, aspro sfogo di un figlio verso un soverchiante padre che lo confinava tra paure e inettitudine. Ma anche Svevo con La coscienza di Zeno non scherza: tutto il libro ruota attorno alle implicazioni psicoanalitiche di uno schiaffo paterno a seguito del quale “mi si contrasse il cuore dal dolore della punizione ch’egli aveva voluto darmi…”. Così come risulta illuminante Pura vita, romanzo di De Carlo sul tema del dialogo generazionale, dal quale emerge che una figlia sedicenne è perfettamente coerente con la sua esistenza adolescenziale, mentre il padre non ha ancora imparato a vivere da adulto. Infine se volete dare a vostra madre una sublime botta emotiva, suggeriremmo In nome della madre di Erri De Luca, laddove Miriam dopo aver partorito Ieshu dice: “Che vuoto mi hai lasciato, che spazio inutile dentro di me deve imparare a chiudersi. Il mio corpo ha perso il centro, da adesso in poi noi siamo due staccati, che possono abbracciarsi e mai tornare una persona sola”.
Ecco, ragazzi, qualche idea-regalo. In modo che dinanzi alla ennesima rampogna genitoriale “non la puoi intendere sempre al tuo libro”, questa volta abbiate decisamente ragione voi.