Cultura è ciò che resta quando si è dimenticato tutto. Così parlò il saggio che, con aforistica sottigliezza, voleva dirci come la cultura sia qualcosa di più della nozione. Ovvero capacità di ragionare le conoscenze fino al punto di potersele anche scordare. Un’idea del conoscere che già nel XVIII secolo ispirò l’Encyclopédie di Diderot-D’Alembert. Monumentale opera che non fu soltanto repertorio di informazioni, ma soprattutto ‘ragionamento’, ‘connessione’ delle diverse notizie in materia di scienze, di arti e di mestieri. Un compendio del sapere divenuto, così, visione e interpretazione del mondo. Tale è, infatti, la cultura. Formarsi delle idee, dare una ragione (o una non-ragione) alle cose, imparare il più possibile per rendersi consapevoli della propria ignoranza, dei limiti (della relatività) che ciascun universo culturale esprime e, quindi, della necessità di rendere plurale ogni cultura. Concetti, questi, che dovrebbero sottostare ai programmi scolastici di ogni ordine e grado. Anche in quei corsi di studio che si è soliti definire ‘tecnici’ o ‘scientifici’. Un informatico, un ingegnere, un chimico, un esperto di finanza, persino uno chef, non hanno bisogno soltanto di informazioni settoriali. Occorre dar loro un approccio mentale, una visione, una capacità di saper ‘navigare’ attraverso saperi e culture (altra cosa, ovviamente, dallo scomposto pagaiare nel mare magnum del web). Potrebbe sembrare un paradosso, ma, a ben riflettere, la formazione umanistica risulta essere, oggi, quella più attuale rispetto alle sfide e ai cambiamenti in atto. Soprattutto per capire le ragioni profonde di una crisi. Poiché studiare filosofia, fare traduzioni dal latino e greco, leggere i classici, concordare il nostro presente con l’antico, dota di una intellettualità ed emotività che pongono nella migliore condizione per comprendere il mondo. Esiste una conoscenza psichica, etica, sociale dell’uomo che potremmo definire a priori e di cui la ‘classicità’ rende edotti, fino a educare ad una compassione verso l’esperienza umana. Una mentalità siffatta ci fa recettori e trasmettitori di messaggi – pur critici – ma costruttivi. Mette insieme ragione e sentimenti. Insegna a discernere il giusto dall’ingiusto, il morale dall’immorale, il bello dal brutto, la libertà dalla schiavitù. Fornisce un bagaglio di conoscenze utili a ricordare che ciascun oggi ha avuto un prima e un dopo. Di quali fatiche, passioni, drammi, aspirazioni sia cosparsa la storia. E quali interrogativi, riflessioni abbiano accompagnato il formarsi del pensiero dell’uomo. Si racconta di un luminare della medicina che sul tavolo del suo studio tenesse solo cinque libri Iliade e Odissea (in greco, senza traduzione a fronte) e le Tre critiche di Immanuel Kant (colui che congiunse Illuminismo e Romanticismo). L’insigne medico era noto per le brillanti diagnosi, per la capacità ad elaborare dati scientifici che altri andavano raccogliendo, per la sua umanità. Forse quei cinque libri avevano qualcosa a che fare con tutto ciò.