Una veduta della sede del consiglio regionale della Toscana a Firenze, 25 febbraio 2014. ANSA/MAURIZIO DEGL'INNOCENTI
Foto Ansa

«Quali conclusioni trarre dopo l’indagine che la Commissione d’Inchiesta ha svolto sullo scandalo del Monte Paschi di Siena? La risposta è semplice: che la Magistratura, gli organi di controllo e la politica hanno girato la testa mentre la più antica banca del mondo veniva distrutta». Così Giacomo Giannarelli, presidente della Commissione d’inchiesta regionale sulla banca senese aprendo il dibattito in Consiglio regionale per illustrare le relazioni finali (una delle opposizioni e una del Pd).

Il candidato M5S Giacomo Giannarelli
Giacomo Giannarelli

Giannarelli: «Mps usato come pagatore per operazioni di aggregazione di interesse politico» «La sequenza di eventi che hanno portato alla distruzione del valore del Monte dei Paschi di Siena, alla dissipazione del capitale della Fondazione e allo spossessamento della comunità che l’aveva creata della banca è emersa con chiarezza nella sua semplicità e si sostanzia nei seguenti passaggi – ha proseguito Giannarelli – : la Banca Monte dei Paschi di Siena, istituto totalmente controllato da nomine di origine politica in cui trovavano posto certo la maggioranza riferibile all’attuale Pd ma anche accomodanti opposizioni (area Verdini-Letta), veniva utilizzata da tempo come pagatore per operazioni di aggregazione di interesse politico (Banca del Salento, Banca Agricola Mantovana) sia come erogatore di fidi a imprenditori “amici”; presumibilmente per utilità i cui beneficiari sono tuttora occulti e, in un’ottica distorta che vede il sistema bancario europeo come un sistema di vasi comunicanti, “risarcire” il banchiere Emilio Botin del Santander dalla perdita sostenuta con l’operazione Intesa-San Paolo, Monte Paschi viene indotta ad acquistare a prezzo esorbitante la banca Antonveneta; l’acquisizione effettuata a prezzo insostenibile e prima di un severo peggioramento della situazione economica Italiana si rivela esiziale per la Banca, che tenta di occultare l’ammanco di capitale ricorrendo a prodotti derivati e altre manipolazioni che ne falsano largamente il bilancio; sulla base di bilanci falsi vengono indotti all’investimento migliaia di cittadini ed istituzioni per mezzo di numerosi aumenti di capitale; il valore della banca precipita sino a quasi ad azzerarsi trascinando con sé il valore del patrimonio della fondazione».

sede-mps-sienaEcco come si poteva evitare il crack  Il presidente della commissione Giannarelli ha approfondito anche le soluzioni che avrebbe potuto evitare il crack finanziario in cui è finita Mps: «La commissione ha accertato che le voci di avvertimento, inclusi esposti alla Procura, non mancarono. L’ok all’operazione Antonveneta, trattata dall’allora presidente Mussari, venne invece dato con inescusabile leggerezza dal consiglio di amministrazione che lo approvò “alla cieca” l’8/7/2007, approvato (con Banca d’Italia che si limitò a raccomandazioni di circostanza) e plaudito da molta parte della politica, nonostante i mercati subito diedero segnale di forte disappunto. A chi andarono i miliardi di sovrapprezzo? Lo si sarebbe potuto agevolmente sapere, dato che i miliardi sia relativi all’acquisizione della banca sia, incredibilmente, al pagamento del finanziamento dei debiti vennero trasferiti con normali bonifici, ma né la Magistratura né Banca d’Italia ritennero interessante indagare. Parimenti passivo fu il ruolo della maggior parte rappresentanti politici locali che, anzi, videro nell’operazione un potenziale allargamento della loro influenza. Un incredibile intreccio di colpe sia attive che passive (omesso controllo) rimasto sinora senza colpevoli. Da questo seme cattivo presero poi le mosse spericolate operazioni con contratti derivati tesi ad occultare la reale situazione patrimoniale della banca e che, in aggiunta a miliardi di prestiti concessi allegramente, hanno condotto all’attuale situazione».

Mps, «inno al non voler vedere» «La storia del Monte dei Paschi di Siena è quindi un inno al non voler vedere – ha approfondito nella lettura della relazione finale Giannarelli – In tal senso la morte di David Rossi, descritta in relazione, ne è macabro simbolo: un decesso avvenuto “in favore di telecamere” derubricato in fretta e furia dalla Procura come “suicidio” per poi “accorgersi” solo in tempi recenti che forse suicidio non era. Ecco, si è voluto far credere che il Monte dei Paschi si suicidò, quando invece appare chiarissimo a tutti che un’operazione come quella di Antonveneta non poteva nascere in una notte ma che aveva per forza dei mandanti e chi doveva controllare non volle farlo. Bankitalia si girò dall’altra parte, come quella persona che, nel video della caduta, si avvicinò a controllare il corpo di David Rossi a terra. Del resto a quanto pare stava bene a tutti: il “groviglio armonioso” degli interessi della politica, dell’opus dei e della massoneria pensava che il portafoglio del Monte Paschi fosse un pozzo senza fondo da cui attingere, ma anche il pozzo più profondo può essere prosciugato ed ecco che quello che non fecero guerre e carestie in lunghissimi secoli riuscì ad un partito: la distruzione della più antica banca del mondo».

Leonardo Marras
Leonardo Marras

Marras: «Responsabilità politiche da più parti, ora parliamo del futuro della banca» «Se un merito potrà avere il lavoro svolto, oltre a quello di avere per la prima volta condotto un confronto aperto sulla vicenda, spero sia quello di spingerci a parlare del futuro della banca, del territorio senese e del tessuto economico e sociale della Toscana – ha invece dichiarato Leonardo Marras, capogruppo del Pd in Consiglio regionale e vice presidente della Commissione d’inchiesta su Mps, concludendo in Aula la sua presentazione della relazione di maggioranza – Il nostro è stato un giudizio severo, più asciutto rispetto a quello espresso nell’altra relazione, ma, crediamo, strettamente attinente al nostro ruolo. Volevamo anche sottolineare che era giusto esprimere un punto di vista, un giudizio politico del Pd, che mai come in passato è stato così netto e chiaro. Le responsabilità del disastro che ha portato a dilapidare un patrimonio immenso, quello della banca, costruito attraverso secoli di storia, sono com’è noto attribuibili a più parti. Le operazioni di finanza spericolata e l’acquisizione di Antonveneta sono oggetto del lavoro della Magistratura. Vi sono poi responsabilità politiche a partire, ma non solo, dal Pd. Mps era ed è un soggetto internazionale che rispondeva a un cervello e ad esigenze locali, con un difesa della senesità durata fino a pochi anni fa ed è stata trasversale a tutte le forze politiche della città. Un passaggio decisivo c’è stato con l’avvento della legge sull’elezione diretta del sindaco, quando a partire dal sindaco Piccini, il controllo delle istituzioni e quindi della politica sulla banca si fa più stringente – ha sottolineato Marras – Da lì in avanti c’è stata una vera e propria ostinazione nel voler mantenere a tutti i costi il 51% delle azioni della banca da parte della Fondazione anche quando non vi erano più le condizioni storiche e di mercato. Siamo poi tardivamente arrivati, come ha scritto Roberto Barzanti, al palindromo con la virgola, dal 51% al 1,5% attuale, senza più alcuni potere e con un patrimonio ridotto ai minimi termini. Ma la risposta non può e non deve essere la nazionalizzazione, non è questa la strada: se davvero si vuole allontanare la politica dalla gestione delle banche bisogna fare l’esatto contrario, decida il mercato. Il nostro compito, adesso, è diverso: bisogna pensare alle sorti della prima azienda della regione e dei suoi oltre 27mila dipendenti. Pensando al ruolo che avuto in passato la banca anche nei confronti del credito all’impresa, anche grazie al quale la Toscana è diventata la quarta regione industriale del paese e in questo quadro riflettere sugli strumenti che abbiamo oggi, a partire da Fidi Toscana. E, infine, – ha concluso Marras – dobbiamo pensare a Siena, che fino a pochi anni fa era “autosufficiente” proprio grazie alle straordinarie risorse riversata da Mps e che oggi non lo è più e deve essere ricompresa a pieno titolo nelle politiche regionali».

mps_23.jpgDilemma “bail in” o “bail out” L’opposizione in Consiglio regionale ha anche sottolineato come «il disastro del Monte dei Paschi di Siena rappresenta un punto di non ritorno dell’intero sistema bancario. Quanto avvenuto e descritto non è successo per caso e se ben compreso potrebbe dare una grande lezione dalla quale ripartire. I responsabili di questo disastro devono avere nomi e cognomi e precise responsabilità. L’attuale approccio del Governo alla situazione in essere appare inappropriato e in continuità con quanto accaduto in passato. A gennaio 2016 il Presidente del Consiglio Matteo Renzi suggeriva in diretta tv di acquistare azioni Mps perché era una banca sana. Da allora ad oggi le azioni Mps hanno perso circa il 60% del loro valore. Ancora una volta si sono ingannati i risparmiatori, così come accadde in occasione degli aumenti di capitale ideati per coprire buchi che però hanno finito per inghiottire anche il nuovo denaro versatovi. Benché la cronaca recente racconti la vicenda Mps come un fatto quasi “inatteso”, il lavoro della Commissione d’Inchiesta regionale si è concentrato sul comprendere come abbia fatto questo patrimonio della comunità senese e in esteso italiana a polverizzarsi per un importo stimato in circa 50 miliardi di euro in meno in vent’anni. Oggi non c’è più tempo. Bail in o bail out, questo è il dilemma. L’unica cosa certa è che a pagare il prezzo più alto anche questa volta saranno i cittadini e quello che è successo, e che è rilevante da un punto di vista politico, è la distruzione dell’economia di un territorio e questa responsabilità è in capo a chi lo ha gestito negli ultimi 25 anni: i principali partiti del cosiddetto centrosinistra, Democratici di Sinistra oggi Partito Democratico in testa, ma anche forze del cosiddetto centrodestra come il Popolo della Libertà (specie nella sua componente ex Forza Italia legata a Denis Verdini, che oggi appoggia il governo Renzi). Lo scandalo Monte dei Paschi è una vicenda toscana dai riflessi internazionali; è una storia che descrive la particolare realtà regionale e nazionale costituita da intrecci di poteri forti tutt’oggi presenti, di lotte di potere tra partiti, di scelte clientelari e non meritocratiche, di eterne contrapposizioni tra un campanilismo localistico e l’esigenza all’internazionalizzazione e alla globalizzazione».

L'ex presidente di Banca Mps Giuseppe Mussarie l'ex dg Antonio Vigni«Azzeramento e rimozione di tutti i soggetti coinvolti» Al termine dell’illustrazione delle relazioni è emerso che «la commissione invita il parlamento ad un opportuna valutazione politica. La commissione ha accertato: gravi responsabilità della politica nel gestire le risorse e il patrimonio della fondazione e della banca più antica del mondo, gravi intrecci di poteri forti non democraticamente rappresentativi che hanno causato danni economici ai risparmiatori e minato la stabilità dell’erogazione del credito alle imprese, gravi responsabilità degli organismi di controllo La commissione ritiene opportuno che il Parlamento della Repubblica Italiana si attivi per l’azzeramento e rimozione di tutti i soggetti, coinvolti a vario titolo nella vicenda, che ancora oggi sono operanti nelle strutture di vigilanza e nei vertici della banca. La commissione ritiene opportuno che il Parlamento della Repubblica Italiana si attivi per una valutazione politica sulla riforma del sistema bancario, valutando la possibilità e l’opportunità di un eventuale: nazionalizzazione della banca Mps con integrale tutela dei risparmiatori; riforma Banca d’Italia in Istituto di diritto pubblico le cui quote, inalienabili, dovrebbero essere detenute solo dallo Stato Italiano per eliminare ogni tipo di conflitto d’interesse. Chi lavora in Banca d’Italia non dovrebbe né lavorare né fornire servizi di consulenza o altro tipo agli istituti sotto vigilanza diretta o indiretta per un periodo non inferiore a 5 anni, in attuazione del criterio della separazione delle carriere per evitare “porte girevoli” e conflitti d’interesse; riforma Consob: la Consob dovrebbe assicurare la tutela dei risparmiatori e la trasparenza sui mercati finanziari. I dirigenti Consob non dovrebbero né lavorare né fornire servizi di consulenza o altro tipo agli istituti o alle imprese sotto vigilanza diretta o indiretta per un periodo non inferiore a 5 anni; riforma dei revisori contabili: separazione dei segmenti di business della revisione contabile. Le società che forniscono servizi di revisione contabile non dovrebbero fornire altri servizi di consulenza al gruppo o ad altre imprese collegate al gruppo; ripristino della separazione tra banche d’affari (d’investimento) e banche commerciali (credito e risparmio); riforma delle fondazioni bancarie con la previsione di uscita dall’azionariato delle banche, spezzando il circolo vizioso che ha legato banche, politica locale e centri di potere locali.