Un anziano pensionato Mps, con la liquidazione investita in azioni della banca, nel febbraio scorso, di fronte alla domanda di un giornalista se pensava di rientrare dei soldi investiti vista la diminuzione di valore delle cedole, dopo qualche secondo di smarrimento, ebbe ad esclamare «principio a dubitarne».
Così come iniziò a dubitare del grande potere emanato da Rocca Salimbeni il portiere della storica sede la mattina del maggio 2012 quando vide salire dalle scale di piazza gli uomini delle Fiamme Gialle. Lì per lì impedì loro l’ingresso. Non era possibile salissero se non c’era qualche dirigente che li autorizzava dai piani alti. Poi dubitò e capì.
Una signora della Lupa, invece, intervistata all’interno della chiesa della sua Contrada, di fronte alla domanda a bruciapelo se riteneva possibile il fallimento della Banca, dopo qualche secondo di silenzio assordante, esclamò: «Non è possibile, la banca c’è sempre stata». E rimase con gli occhi sbarrati a fissare il vuoto.
Tre episodi che raccontano meglio di tanti numeri quanto è duro e doloroso il risveglio dei senesi da un sogno troppo lungo, quello dello splendido isolamento di una città che si sentiva immune da certi eventi e che aveva sempre avuto nella Banca molto più che un punto di riferimento lavorativo ma un protettivo e rassicurante riferimento culturale e psicologico. Babbo Monte, appunto. Oggi, quel babbo pare non esserci più o non occuparsi più dei problemi della città e dei senesi.
E così sono sempre di più quelli che principiano ad accorgersi di questa mutazione genetica in rapida trasformazione della banca più antica del mondo. Come quei tifosi che la notte della Vigilia, notte sacra per la liturgia paliesca, hanno improvvisamente interrotto la magia della Tradizione, e si sono sfogati alla vista del presidente Mps, Alessandro Profumo, reo di non dare credito alla società per la iscrizione della Robur alla serie B. Solo qualche bercio, nessuno ha alzato le mani come sarebbe accaduto con ben altre tifoserie, però per Siena è un fatto senza precedenti. Fino a qualche Palio fa per gli uomini della Banca andare a portare gli ospiti alla cena della Prova generale di una delle diciassette Consorelle era un’autentica dimostrazione di forza verso il mondo esterno. Oggi è diventato pericoloso.
Cominciano ad accorgersi del cambio di rotta anche quei senesi che stamani hanno fatto la corsa nelle edicole a comprare Il Fatto Quotidiano che in prima pagina strillava l’ultima mail di David Rossi all’ad Fabrizio Viola scritta due giorni prima del suicidio: «Stasera mi suicido sul serio. Aiutatemi !!!!». Un Babbo, seppur metaforicamente rappresentato da un capo azienda con 30mila dipendenti sarebbe corso in soccorso, avrebbe cercato di capire le ragioni, di far sfogare per poi far trovare pace. Ma il Babbo di oggi, a quanto pare, no. “David godeva della nostra massima fiducia”, dissero in coro Profumo e Viola il giorno dopo all’uscita dal Tribunale. Chissà perché ma a me qualche dubbio sorge da questa fiducia dichiarata ex post. Intanto, la Magistratura pare orientata all’archiviazione del caso, ma apre un fascicolo, convocando alcuni giornalisti, per fuga di notizie.
Mps e la città di fronte a loro hanno nei prossimi giorni una serie così ravvicinata di scadenze che a citarle vengono i capelli bianchi. E mai, nella loro storia secolare, città e banca sono state tanto distanti. Bisognerà avere orecchie e occhi ben aperti per capire i significati e gli effetti futuri di tutti i passaggi. In settimana prossima può darsi che ci saranno sviluppi sull’inchiesta Antonveneta, visto il ritorno dalla Spagna del Pm Antonio Nastasi che ha interrogato Emilio Botin; mentre il 16 luglio è l’ultimo giorno utile per la Robur per iscriversi al Campionato di serie B, se la Banca non dà l’ok salta il calcio a Siena. Due giorni dopo, il 18 luglio è convocata l’assemblea dei soci per eliminare il benedetto/maledetto limite del 4% per i soci privati. E lì ne vedremo delle belle.
Capelli bianchi devono venire senz’altro a palazzo Sansedoni, sede della Fondazione, dove ci si arrovella da settimane su quale atteggiamento tenere. Il presidente Gabriello Mancini è stato chiaro, si vota la proposta di Profumo senza se e senza ma. E similmente, seppur con alcuni distinguo, si è espresso il presidente della Provincia Simone Bezzini. Ma molti deputati (quanti?) principiano a dubitare. Dubitano quelli della Deputazione Amministratrice e quelli della Deputazione Generale. Sanno che i loro nomi saranno per sempre legati a questo drammatico triennio e vorrebbero evitarsi l’ultimo atto di una vicenda che li ha visti, purtroppo, più comprimari che coprotagonisti. Meglio far decidere chi verrà dopo. Oggi, intanto, hanno annunciato che chiederanno i danni a Mussari e Vigni. E qualcuno teme che eguale sorte potrebbe toccare a loro qualora, magari, anche un solo Comune decidesse di intentare un’azione di responsabilità per la perdita di valore fatta subire alla Fondazione. Meglio un’uscita più dignitosa e rispettosa del volere del neo sindaco Bruno Valentini che chiede un rinvio sul punto fino alla nuova Deputazione che verrà nominata ad agosto. Da giorni sta dicendo ai suoi di portare pazienza e che subito dopo il Palio avrebbe messo mano alla vicenda Mps. Ora il tempo è arrivato.
Intanto, arriva la notizia che il Fondo Monetario Internazionale ha espresso un “presagio alquanto oscuro e in maniera piuttosto inusuale”, come scrive su queste colonne il professor Roberto Renò: «il Monte dei Paschi non ce la potrebbe fare, e invita le autorità competenti a prepararsi a questa eventualità, anche se non dice espressamente a prepararsi per fare cosa. Ma visto anche il quadro di iniziative proposte sul sistema bancario, è chiaro che il Fondo vede molto favorevolmente la prospettiva di una Mps completamente sul mercato, e non più sotto il controllo della Fondazione» (leggi).
«Posso dimettermi e sono tranquillo di aver lasciato la banca in mani sicure», dichiarò Franco Ceccuzzi un anno fa quando lasciò la carica di sindaco di Siena. Verrebbe da domandare: Sicure per chi e a quali scopi? A un anno di distanza devono aver dubitato di queste rassicuranti parole alcuni buontemponi che il pomeriggio di mercoledì 3 luglio scorso scaricarono una gavettonata d’acqua sulle spalle del malcapitato ex sindaco nella centralissima via di Calzoleria. L’aria in città si fa calda e non per l’estate che è finalmente esplosa. E di questo non dubita più nessuno.
Ah, s’io fosse fuoco