È finita con la vittoria di Bruno Valentini su Eugenio Neri la sfida per la guida di Palazzo Pubblico. A dividerli una manciata di voti (930), ma in Democrazia chi prende un voto in più dell’avversario vince. È finita così anche la corsa in parallelo dei due candidati outsider della politica cittadina. Neri e Valentini, infatti, erano partiti quasi negli stessi giorni alla vigilia del Natale scorso, hanno fatto strade diverse e tortuose, e poi si sono incontrati e confrontati in questo primo fine settimana di giugno. Che i due fossero outsider era stato evidente a tutti sin da subito.

Bruno Valentini si candidò, a sorpresa, a dispetto del suo partito quando un candidato forte il Pd lo aveva già, ed era l’ex sindaco Franco Ceccuzzi. L’allora sindaco di Monteriggioni, e il gruppo con il quale aveva sostenuto la battaglia per le primarie nel sostegno a Matteo Renzi, ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per diventare candidato del centrosinistra. Finendo per rischiare più volte l’espulsione e l’accusa di tradimento. Basta rileggersi certi comunicati e prese di posizione, anche di chi oggi esulta per la vittoria. Dopo aver rifiutato (febbraio) la concessione di firme per essere ammesso alle prime primarie, ha atteso che la debolezza del suo partito desse a lui la palla di seconde primarie; vinte poi sulla candidatura forzata e improvvisata di Alessandro Mugnaioli (aprile). Da quel momento ha cercato di tenere tutto insieme: il suo partito, gli alleati, il popolo renziano, i simpatizzanti. E gli va riconosciuta la caparbietà con la quale è riuscito in un’impresa che sembrava disperata. Oggi, forte dei suoi 12.076 voti (più o meno gli stessi del primo turno) fa bene a dichiarare a caldo che «se non ci fossi stato io il centrosinistra avrebbe perso questa città». Intanto, poco dopo l’annuncio della vittoria, il suo carro ha cominciato a riempirsi di validi saltatori che, come scriveva Ennio Flaiano, sono sempre pronti a “soccorrere” il vincitore. Vedremo se il neosindaco avrà la forza, ora, di saper distinguere, e quindi separare, il grano dal loglio. La città si aspetta discontinuità vera nella continuità politica del centrosinistra.

Outsider per definizione era anche il cardiochirurgo Eugenio Neri, autenticamente e fieramente impolitico. Ha voluto così marcatamente segnare la distanza che non ha mai rinunciato al suo normale vivere; capelli al vento, camicie e maglioni con maniche rimboccate sono stati il suo tratto distintivo. Qualche volta sembrava appena uscito dalla sala operatoria, con quegli occhiali inforcati o a penzoloni dal collo. La sua improvvisa entrata nella scena politica ha comunque lasciato il segno. Per la prima volta nella storia recente della città è stato lo sfidante alla sinistra che più è andato vicino al colpaccio. Eppure 11.146 voti che oggi sono tantissimi, sono gli stessi (voto più o meno) che prese nel 2011 Massimo Fabio, sfidante di Maurizio Cenni. Solo che allora il centrosinistra di voti ne raccolse 22.000 e quella di Fabio passò come una delle tante predestinate sconfitte. Oggi, invece, con quel pacchetto di voti Neri è riuscito ad avvicinarsi per primo al portone di Palazzo Pubblico ma non è entrato. In questi mesi era riuscito a far convergere sul suo progetto gruppi politici e storie molto diverse tra loro, forse troppo. E alla fine ha pagato dazio a questa variegata diversità che la città non ha compreso fino in fondo, nonostante negli ultimi quindici giorni abbia recuperato quasi 4.000 voti. «Qui c’è un voto di abitudine, ma quando si perdono le elezioni c’è sempre qualcosa che non si è riusciti a spiegare», ha detto questo pomeriggio. Gli uomini del centrodestra senese a questo punto dovrebbero domandarsi cosa non va nelle loro scelte, se con tutto quel che è successo a Siena e con un candidato di valore come Neri non riescono nell’impresa. Se non era ora quando sarà per loro?
 
A questo punto rimangono le cose da fare, le posizioni da prendere subito, le scelte degli uomini per la Giunta (cui Valentini non ha mai fatto riferimento in queste settimane) e poi le prime nomine per la nuova Fondazione Mps che si avvia a conclusione di mandato. Ma tutto questo sarà da domani. Stanotte, intanto, qualcuno meritatamente brinda. Lo scorso anno di questi tempi Siena era da pochi giorni senza sindaco. Mentre, per fortuna, da domani un sindaco potrà sedere sullo scranno più alto del Palazzo Pubblico. E dunque il momento che tutta la città brindi. Quella che ha votato e quella che si è astenuta. Tutti avevano l’opportunità di esprimersi e tutti, in un modo o nell’altro, si sono espressi. Da domani si riparte.