Banchieri a «loro insaputa». Verrebbe proprio di pensare così nel leggere i resoconti dell’inchiesta su Mps a proposito di Giuseppe Mussari, presidente dal 2006 al 2012, e degli altri ex vertici della banca senese coinvolti nell’inchiesta Antonveneta e suoi derivati (si veda IlSole24Ore). «Mi occupavo d’altro», «non sapevo», «non capivo», sono alcune delle risposte fornite ai magistrati inquirenti della Procura di Siena, Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso.

La «recita» in inglese con Nomura Sconcerta leggere (stamani su Qn) la storia di come si svolse la celebre conference call del 9 luglio 2009 con il presidente della banca giapponese Nomura, Sadeq Sayeed, in cui venne rinegoziato il derivato Alexandria che ha provocato gravi danni per Mps. Il presidente Mussari, che non parla inglese, legge da un canovaccio il testo che Gianluca Baldassarri (all’epoca capo dell’area finanza di Mps e oggi in custodia cautelare in carcere) gli ha spedito via fax qualche giorno prima. Quel canovaccio, in realtà, sarebbe stato preparato addirittura da Raffaele Ricci, dirigente di Nomura. E Mussari si limita a recitare un ruolo in quella che ha «tutta l'aria di essere una recita predisposta allo scopo di essere registrata» (come riferisce ai magistrati Daniele Bigi, responsabile del bilancio di Mps che partecipò senza intervenire a quella video telefonata).

Mussari: «Si, ho capito» In quel canovaccio, dunque, erano contenute domande e risposte. Anche la risposta a quella domanda che Sayeed ripete a Mussari perché confermi di aver capito cosa sta firmando.  «Yes, I understand», dice Mussari. Ma, forse, non aveva capito proprio cosa stava facendo né in che guai metteva la banca. Viene in mente l’episodio di Silvio Berlusconi che all’Onu (dopo una notte in albergo a migliorare la pronuncia) tenne il suo discorso in inglese. E, per ironia della lingua, finì per essere l’unico a non capire cosa stesse dicendo. Per quella operazione oggi è ipotizzato il reato di «usura pluriaggravata» e «truffa pluriaggravata in concorso mediante induzione in errore». Dunque Mussari banchiere senza cognizione né di cose bancarie né della lingua inglese? Chissà. Certo, oggi l'inglese è fondamentale per certi ruoli, soprattutto per chi in Mps, che si vantava di essere la terza banca italiana, aveva relazioni con banche d’affari quali Jp Morgan, Deutsche Bank, Bank of New York, Nomura e Rothschild. «Ma dove te ne vai se non sei padrone della lingua?», diceva negli anni ’60 Nando Mericoni, alias Alberto Sordi, in “Un americano a Roma”. Lui l'inglese, come si sa, ce l'aveva nella cacofonia. Ma nessuno lo promosse a presidente di nulla.

Mussari firma lettere scritte da altri Dunque, Mussari banchiere «a sua insaputa» e quindi facilmente «inducibile in errore»? Forse. Si dovrebbe spiegare così anche quella volta che venne «indotto» a comprare la banca Antonveneta dalla spagnola Santander? L’acquisto, rivelatosi poi incauto e causa di tutti i mali della banca senese, sarebbe stato “suggerito" a Mussari dal banchiere Alessandro Daffina, responsabile operativo in Italia di Rothschild. In quella estate del 2007, «è stato Daffina, lavorando per il presidente della banca spagnola Santander, Emilio Botin, a suggerire all’allora capo di Mps, Giuseppe Mussari, di comprare l’Antonveneta». Anzi, fu lo stesso Daffina a scrivere la proposta d’acquisto di Mussari a Botin. E su quella lettera di richiesta Mussari si sarebbe limitato a mettere la sua firma in calce. L’episodio è raccontato sempre oggi da Il Sole24Ore. «Caro Presidente (è Mussari che firma ma la penna sarebbe di Daffina) alla fine di agosto sono stato contattato da Rothschild che mi ha ipotizzato la possibilità che banco Santander possa dismettere Banca Antonveneta». Un autentico capolavoro.

«Ma questi hanno capito quanto devono pagare?» Una volta comprata la Antonveneta, i banchieri senesi vanno a colloquio con il manager dell’istituto di credito per il passaggio delle consegne. Ma nessuno di loro aveva idea del costo reale, lo avrebbe riferito ai Pm Piero Montani, nel 2007 a capo di Antonveneta riportando l'incontro avuto con Mussari e Vigni. Il Fatto Quotidiano stamani racconta che quando il manager spiega ai senesi che dovranno accollarsi anche i debiti, coglie «in costoro uno smarrimento (…) tanto da affermare che, forse, solo in quel momento i due realizzarono che l'esborso complessivo sarebbe stato ben più elevato dei 9 miliardi». «Emblematica è la domanda che Montani si pose alla fine di quel colloquio: ‘Ma questi hanno capito veramente quanto devono pagare?'». Loro forse no. mentre i magistrati lo stanno accertando.

Per tutto quanto sopra descritto e per molto altro ancora, la Fondazione Monte dei Paschi di Siena ha deciso oggi che voterà per l’azione di responsabilità promossa da Banca Mps».

Ah, s'io fosse fuoco