Saranno gli elettori del Pd con le primarie a scegliere il candidato sindaco per le prossime elezioni. Tanto ci voleva (leggi. A sfidarsi Bruno Valentini e Alessandro Mugnaioli. Il primo da quattro mesi chiedeva primarie aperte, il secondo era il capo del comitato elettorale di Franco Ceccuzzi fino alle primarie del gennaio scorso. Paradossi della politica, quelle di coalizione con Sel apparvero chiuse e, infatti, furono pochi i senesi (poco meno di 2.500) che si recarono nelle urne democratiche (leggi). Se anche il prossimo 20 aprile i votanti dovessero essere così pochi allora potrebbero essere guai seri per il partito di maggioranza relativa in città.
Dunque, primarie aperte, finalmente. "La via maestra", le hanno definite. Ma ci voleva veramente una settimana di passione tra assemblee notturne, incontri bilaterali e trilaterali, telefonate, cene galeotte, inganni e sospetti?
“Le primarie sono sempre la via principale per la scelta del sindaco”, ha dichiarato l’onorevole Pd Luigi Dallai. Peccato che fino a poche ore prima lo stesso onorevole avesse lavorato su tutt’altra via.
“Ben vengano le primarie che lascino libertà nella dialettica ma che non spacchino il partito e la città”. ha dichiarato domenica scorsa al Corriere di Siena l’europarlamentare Luigi Berlinguer, che ha parlato solo a cose fatte, rimanendo in rigoroso silenzio per tutti questi mesi; anche sulla vicenda dei famosi “dissidenti” che nel maggio scorso votarono contro la giunta Ceccuzzi portando l’allora sindaco alle dimissioni. Oggi, quei dissidenti, per voce dell’associazione Confronti chiedono il reintegro e forse Berlinguer dovrebbe spendere qualche parola per evitare che il partito si spacchi ancora.
Ma la dichiarazione che maggiormente ha fatto sobbalzare proprio nelle ore in cui sembrava spirare vento democratico di serenità è stata quella del segretario dell’Unione comunale del Pd, Giulio Carli. “Le primarie hanno sempre rappresentato la nostra prima scelta”, scrive. Poi, spiegando i motivi che hanno impedito la strada per evitarle e su cui lui tanto si era battuto, riconduce tutte le colpe al “sindaco di un comune limitrofo che a causa delle sue smisurate ambizioni personali ha lavorato con crescente animosità per dividere la coalizione e affossare ogni proposta di valore che è stata avanzata, sino a minacciare di uscire dal partito”. Forse a Carli era partita la penna in quelle ultime ore prima dell’assemblea pacificatrice che conduceva tutti i democratici sulla strada maestra delle primarie. Ma la sensazione è che lui quella strada non l’abbia imboccata, senz’altro non l’ha digerita.
Insomma, le primarie a parole le volevano tutti, ma poi c’è voluta una bella prova di forza per ottenerle. Del resto lo stesso Alessandro Mugnaioli ha manifestato solo venerdì scorso nel tardo pomeriggio la sua intenzione di candidarsi. Se quella era la via maestra avrebbe potuto farlo anche prima senza che una decina di candidati potenziali venissero bruciati sul loro altare.
Adesso, comunque, la parola passa ai due candidati che devono sfidarsi su idee e proposte e su una campagna di comunicazione rapida che dovrà raggiungere il maggior numero di persone in una città fortemente provata da scandali, crisi economica e inchieste.
Bruno Valentini deve stare attento a non commettere l’errore di pensare di averle già vinte. Come Bersani le elezioni. Per adesso ha solo vinto la battaglia per farle, ha riscosso la simpatia di tanti senesi (forse più fuori del suo partito che non negli organismi) e ora deve giocarsi tutto sul piano dei contenuti e delle alleanze. Su questo piano ha da ricucire molto perché negli ultimi giorni ha dovuto dire no prima a Sel (cui piaceva Stefano Maggi) e poi ai Riformisti (che sostenevano Piero Ricci). Si è quindi giocoforza indebolito con gli alleati ma i suoi no hanno alla fine avuto ragione sul partito. Se saprà ricucire anche con gli alleati, pone una seria ipoteca sulla vittoria finale.
Alessandro Mugnaioli, che aveva ben amministrato da presidente di Circoscrizione fino al 2006, era finito a fare l’uomo macchina di Franco Ceccuzzi, prima nel partito, poi in Palazzo Pubblico (aveva tante deleghe che fatichiamo a ricordarle) e, infine, coordinatore dell’ultimo comitato elettorale fino a febbraio scorso. Adesso deve dimostrare di essere un uomo politico autonomo e in grado di reggere l’impegno di guidare la città senza l’ombra di qualcun altro alle spalle. Da come si muoverà in questi primi giorni potremo capirlo. “Oggi mi presento con i miei panni”, ha dichiarato. Vedremo. E vedranno gli elettori.
Ma con l’appuntamento del 20 aprile anche la città è ad un bivio. Queste primarie aperte e dall’esito tanto incerto, faranno finalmente capire se Siena è ancora una città progressista e di sinistra (ininterrottamente al governo dal dopoguerra) o se, come hanno sempre sostenuto i detrattori dall’opposizione, lo è stata per convenienza e calcolo. Un tempo votare a sinistra, così come avere la tessera del Pci o della Cgil, poteva aiutare nel lavoro e nella carriera, specie se montepaschina. Da oggi quella convenienza non c’è più e nessuna tessera è garanzia di nulla. Chi voterà Pd alle primarie lo farà solo per convinzione. Vedremo chi saprà convincere maggiormente i senesi.
Ah s’io fosse fuoco