«Mps, una storia italiana». Purtroppo. Recitava così il claim pubblicitario della banca fino a qualche tempo fa. L’idea era buona, la banca doveva rappresentare il meglio del Belpaese. E, invece, sembra diventata il simbolo del Paese peggiore. Siena, ci eravamo illusi, sembrava diversa dal resto d’Italia, nel senso che pareva migliore. Oggi dobbiamo ammettere che, no, anche qui i conti e i bilanci venivano “truccati” per far apparire buoni i numeri che buoni non sono.

Siena si sveglia stamani con una consapevolezza in più. Non è né migliore né peggiore del resto d’Italia. È semplicemente uguale. E quel “Sistema Siena” che tanto era stato decantato e aveva fatto gridare al miracolo si è poi rivelato un mortale “groviglio”. Ora un’era sembra tramontata definitivamente, così come gli uomini e i metodi che l’hanno impersonificata. E da capire è se il sacrificio di Giuseppe Mussari sarà sufficiente o arriveranno presto altre dimissioni eccellenti.

Di certo la città vuole cambiare rapidamente pagina e i senesi, domenica scorsa, hanno dimostrato di voltarsi dall’altra parte se c’è da scegliere tra chi (D'Onofrio) non ha avuto parole coraggiose e nette di vera discontinuità e chi di questo sistema ne è stato protagonista per due decenni (Ceccuzzi).

Quelle primarie del centrosinistra sono state un flop (leggi) perché si è voluto perseverare con picca, facendo finta di non capire che il vento aveva iniziato a soffiare da un’altra parte. Anche per questo il centrosinistra si è spaccato, e più di tutti il partito di maggioranza relativa, il Partito Democratico. I suoi dirigenti regionali e nazionali, perfettamente a conoscenza di quel che accade in città, hanno preferito sedersi sul letto del fiume e aspettare quel che portava la corrente. Un rischio ora troppo grosso da correre, perché a passare potrebbe essere il cadavere dell’intero centrosinistra che a Siena ha lunga e consolidata tradizione. Visto soprattutto che tra poche settimane si vota per il Parlamento e a maggio per il Comune.

Cosa intendano fare i vertici regionali (Bruzzesi, Manciulli) del Pd ancora non è dato sapere, così come quelli nazionali (Stumpo, Migliavacca e lo stesso Bersani). Non sappiamo nemmeno se i vertici provinciali e comunali del Pd (Guicciardini e Carli) intendano assumersi fino in fondo le responsabilità del pessimo risultato. Certo è che chi ha forza si deve fare forza e prendere la questione senese in mano. Siena non è più una Repubblica politicamente autonoma e rischia di portare alla sconfitta il Pd regionale e nazionale, e con esso il centrosinistra.

Se si vuole che quella «storia italiana» continui a parlare di un’Italia migliore che a Siena esiste ma che si è voltata dall’altra parte, occorre il coraggio delle scelte. Ora.

Ah, s'io fosse fuoco