Mercati al ribasso con prezzi quasi dimezzati rispetto a un anno fa, speculazione selvaggia e import in costante aumento. I produttori di grano della Cia Toscana non ci stanno più e lanciano un ultimatum: «Se le quotazioni non tornano a salire, riconoscendo al frumento Made in Italy il giusto valore, faremo lo sciopero della semina» ha affermato il presidente della Cia Toscana Luca Brunelli, oggi in piazza a Grosseto – davanti a migliaia di agricoltori provenienti da tutta la Toscana – aprendo ufficialmente la fase di mobilitazione della Confederazione su tutto il territorio regionale e nazionale. In contemporanea infatti si sono svolti presidi, sit-in e blocco delle Borse Merci nelle maggiori città d’Italia per dare un ultimatum rispetto alla campagna di semina 2017, ma anche per fare una proposta al Governo: “Stop alle importazioni di grano per 15/20 giorni, così da ridare fiato agli agricoltori in crisi.
NUMERI – Il territorio toscano è da sempre vocato alla produzione di cereali (grano duro, grano tenero, orzo, mais, farro ed altri cereali minori) infatti su una SAU regionale di circa 755.000 ettari oltre 130.000, di media, vengono coltivati annualmente a cereali e, in particolare, di questi 80.000-85.000 ettari sono investiti a grano duro e circa 15.000-25.000 a grano tenero.
Gli oltre 20.000 cerealicoltori toscani producono mediamente da 2,8/3,5 milioni di quintali di grano duro e da 0,5 a 0,9 milioni di quintali di grano tenero. In queste ultime settimane assistiamo ad un crollo ingiustificato del prezzo del grano duro e tenero con quotazioni di circa 15/18 euro al quintale che sono fortemente al di sotto dei costi di produzione.
NO SEMINA – «In queste condizioni noi non seminiamo – ha spiegato Brunelli -. Anche perché attualmente gli agricoltori producono grano di qualità ma in perdita (15/18 euro al quintale per il frumento duro, largamente al di sotto dei costi di produzione) e la situazione non può restare questa. La Toscana ha una forte tradizione cerealicola, ma le speculazioni di mercato la stanno spazzando via»
Secondo la Cia Toscana, infatti, per il grano si è andata determinando una situazione paradossale, che ha visto l’immissione nel mercato di ingenti quantità di grano importato proprio nel periodo della trebbiatura, provocando il tracollo dei prezzi e aumentando a dismisura il già ampio divario tra costo del frumento e prezzo del pane e della pasta. Ed è qui che entra il gioco la proposta della Confederazione di bloccare l’import per due o tre settimane, così da permettere lo stoccaggio del grano prodotto e svuotare i silos. Tutto questo in attesa che le azioni annunciate dal governo la scorsa settimana trovino attuazione e i prezzi risalgano.
«Si sta assistendo a comportamenti di vero e proprio sfruttamento – ha detto Brunelli -. Oggi il raccolto di 6 ettari seminati a grano basta appena per pagare i contributi di una famiglia media agricola. Le aziende sono oggetto di una speculazione senza precedenti, con sistema industriale e commerciale che impongono ai produttori condizioni inaccettabili. Gli stessi Consorzi Agrari non stanno facendo il loro lavoro perché, anziché stoccare il prodotto in attesa di prezzi più remunerativi, lo immettono sul mercato accrescendo ancora di più la pressione sui prezzi». In più, ha concluso il presidente della Cia, «gli agricoltori sono costretti a competere con importazioni ‘spregiudicate’ dall’estero (+10% solo nei primi 4 mesi del 2016), da parte di operatori commerciali che stanno svuotando le scorte in condizioni di dumping». Oltretutto mentre in Italia si registra una produzione straordinaria di 9 milioni di tonnellate di grano, a fronte di una media annua di 7 milioni di tonnellate (+29%)”.
Ma se gli agricoltori ci perdono, a guadagnarci da questa situazione sono solo le grandi multinazionali che importano grano dall’estero per produrre all’insegna di un’italianità che non è reale, senza preoccuparsi di cosa conterrà la farina e di cosa mangeranno le famiglie. Per questo la Cia propone anche un progetto strutturato di valorizzazione del frumento italiano di qualità, a tutela soprattutto dei consumatori. Oggi 100 chili di frumento valgono quanto 5 chili di pane: un “gap” intollerabile e contro la logica delle cose.
APPELLO ALLE ISTITUZIONI – «Vista la rilevanza della problematica e tenendo conto dell’impatto che può avere su gran parte del territorio di molte Regioni, tra cui la Toscana, sia il permanere di questa situazione insostenibile di mercato sia l’eventuale dismissione di migliaia di ettari di seminativi (con scarse possibilità di riconversione produttiva) – ha concluso Brunelli – chiediamo, ai Sindaci, ai Presidenti di Regione, alle Giunte Regionali, ai Consigli Regionali di sostenere le ragioni della nostra mobilitazione sia attraverso specifiche prese di posizione che con l’approvazione di Ordini del Giorno a sostegno della nostra mobilitazione o di qualsiasi altra iniziativa riteniate opportuno intraprendere per salvaguardare il reddito e le prospettive dei cerealicoltori toscani».