Le Province italiane sono salve. La riforma contenuta nel decreto Salva Italia e il loro riordino, che ne prevede la riduzione in base ai criteri di estensione e popolazione, non sono materie da disciplinare con decreto legge: lo ha deciso la Consulta, accogliendo le questioni di legittimità costituzionale sollevate da diverse regioni.

Upi: «Ristabilito il valore della Costituzione» Una decisione che fa esultare l’Upi (Unione delle Province italiane) secondo cui «la sentenza della Consulta sulla riorganizzazione delle Province ristabilisce il valore della Costituzione: non si fanno le riforme istituzionali per decreto». A dirlo è il presidente Antonio Saitta. «Nessuna motivazione economica era giustificata – aggiunge – e quindi la decretazione d'urgenza non poteva essere la strada legittima. Per riformare il Paese si deve agire con il pieno concerto di tutte le istituzioni, rispettando il dettato costituzionale. Non si possono sospendere elezioni democratiche di organi costituzionali con decreto legge. Non si può pensare di utilizzare motivazioni economiche, del tutto inconsistenti, per mettere mani su pezzi del sistema istituzionale del Paese».

Il ministro Quagliarello: «Urgente riforma Titolo V» «La sentenza della Corte Costituzionale sulle province rende ancora più importante intervenire attraverso le riforme costituzionali sull'intero Titolo V, in particolare per semplificare e razionalizzare l'assetto degli enti territoriali». Lo dichiara il ministro per le Riforme costituzionali Gaetano Quagliariello.

Le Province toscane: «Avevamo ragione noi, ora si riparte da capo» Esultano alla notizia anche le Province toscane che attraverso il loro presidente Andrea Pieroni dichiarano: «La sentenza della Consulta ci dice con chiarezza che avevamo ragione noi quando dicevamo che una riforma come quella dell'abolizione della Province non poteva essere fatta per decreto. Ora – ha aggiunto – si riparte da capo, quindi il Parlamento dovrà decidere cosa fare, ma di sicuro servirà una legge costituzionale e questa decisione della Consulta consentirà a Governo e Parlamento di prendere una strada precisa». Pieroni ha poi sottolineato che il pronunciamento della Corte «interrompe anche il presupposto del trasferimento delle funzioni ai Comuni e che il tema reale da affrontare ora è quello delle risorse economiche, perché noi continuiamo ad avere tutte le funzioni e tutte le competenze, ma non abbiamo più i soldi necessari per esercitarle in maniera adeguata. Credo – ha concluso Pieroni – che adesso il legislatore dovrà prendere atto del fatto che in attesa di una riforma costituzionale seria e organica dovranno essere assegnate le risorse necessarie per operare in maniera adeguata nell'interesse dei territori e delle comunità».

La bocciatura Secondo la Consulta, «il decreto-legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio».La Consulta aveva esaminato nel corso dell'udienza pubblica di ieri i ricorsi presentati dalle Regioni contro il decreto Salva Italia (decreto 201) del dicembre 2011 (leggi) che con l'articolo 23 ha di fatto “svuotato”' le competenze delle Province e ne ha profondamente modificato gli organi di governo: non piu' di 10 componenti eletti dai Comuni e il presidente scelto all'interno del consiglio provinciale. Sotto la lente della Corte anche il decreto 95 del 2012 sul riordino delle Province in base ai due criteri dei 350 mila abitanti e dei 2.500 chilometri di estensione in base ai ricorsi avanzati dalle autonomie (leggi) .

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