bambagioni-«Quando ho preso questo incarico sette mesi fa capivo che sarebbe stata una rogna e temevo che poi finisse in caciara e che quindi il lavoro fosse inutile. Devo dire che alla fine alla conclusione del lavoro sono molto fiero di quanto fatto». A parlare è Paolo Bambagioni, presidente della commissione d’inchiesta sul Forteto che ieri sera ha partecipato alla Casa del Popolo di Casellina (Scandicci) all’ennesimo incontro con i cittadini interessati alla vicenda.

Il “caso” Forteto Una vicenda scabrosa e terribile che parte da lontano. La comunità agricola Il Forteto, attualmente attiva nel comune di Vicchio, in provincia di Firenze, è stata creata nel 1977 da Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi con l’obbiettivo di essere una comunità produttiva e alternativa alla famiglia tradizionale in nome, a loro dire, di don Milani e delle teorie di Gian Paolo Meucci. Inizialmente composta da 33 giovani la comunità è cresciuta fino a diventare un’importante realtà economica del Mugello. Nel 1985 Fiesoli viene condannato per atti di libidine violenta e corruzione di minorenne. Successivamente, soprattutto grazie alla difesa di Fiesoli, la condanna non ebbe effetti pratici e Il Forteto diventerà un importante interlocutore della Regione Toscana. In seguito alla denuncia di numerose persone, Fiesoli viene nuovamente arrestato il 20 dicembre 2011. Nell’ottobre 2013 inizia il processo su quello che è divenuto un caso nazionale. Il 17 giugno 2015 è stato condannato a 17 anni e mezzo di reclusione per maltrattamenti e abusi sessuali.

vicchio_il_fortetoLa commissione chiede lo scioglimento dell’associazione Su questa vicenda sono stati scritti molti libri, uno su tutti però ha approfondito questa vicenda, intitolato ‘Setta di Stato’, ed è stato scritto da due giornalisti fiorentini, Francesco Pini e Duccio Tronci ma soprattutto è stata istituita una commissione d’inchiesta regionale che ha avuto il compito di indagare circa le responsabilità politiche e istituzionali della vicenda Forteto e che è stata formata da Bambagioni, Giovanni Donzelli (vicepresidente), Andrea Quartini (vicepresidente segretario) e con altre tre componenti: Jacopo Alberti, Stefano Mugnai, Paolo Sarti. Imponente la mole di lavoro svolta negli ultimi 7 mesi dalla commissione che ha sentito moltissimi personaggi che sono stati coinvolti direttamente o indirettamente nel ‘caso Forteto’. Una settimana fa a conclusione dei lavori la commissione ha emesso una relazione che ha fatto delle richieste precise: una commissione parlamentare d’inchiesta per scavare alla ricerca delle verità più profonde, il commissariamento della cooperativa del Forteto e lo scioglimento dell’associazione e della fondazione. La commissione invierà anche delle lettere con le quali chiederà a istituzioni ed enti di accertare le responsabilità individuate dalla stessa commissione a carico di dirigenti, pubblici ufficiali, operatori e di prendere i provvedimenti conseguenti, fino al licenziamento, dove ne emergessero gli estremi. Una relazione unanime che ha visto molto soddisfatto al termine dei lavori in particolare il presidente della commissione Bambagioni.

Quanto è importante, anche adesso che si sono conclusi i lavori della commissione da lei presieduta, incontrare la gente e diffondere quello che è stata la vostra opera importante?

«E’una parte doverosa del nostro lavoro. Qualcuno critica anche questo, ovvero che io partecipo a certe iniziative ma credo che sia un errore perché se noi non si mantiene il contatto con la nostra base e con la nostra realtà, si viene meno a quello che è il nostro compito che è quello di rappresentare i cittadini. C’è la possibilità di spiegare con parole semplici quello che è successo, parlando insieme ad alcuni testimoni che hanno vissuto questa triste vicenda e confrontandosi con le domande del pubblico. Io credo che sia un modo democratico di vivere anche questioni che purtroppo sono successe e di cui ci dobbiamo vergognare ma questo lo facciamo perchè si prenda esempio, si cambi e non succeda più in futuro».

Quale delle tante testimonianze che avete raccolto nella commissione Forteto l’ha colpita piu’ delle altre?

«Una che mi ha colpito ma che ci ha dato anche automaticamente un lavoro utile è quella del vecchio procuratore capo della Repubblica di Firenze, Ubaldo Nannucci, che di fronte alla rappresentazione di quello che è successo, le lacune del tribuna dei minori e al fatto che tutto sia nato semplicemente dalla disponibilità nostra ad ascoltare la voce delle vittime che avevano bisogno di trovare qualcuno che credesse alle loro denunce, sommessamente fra i denti ha detto: «Avete fatto quello che avremmo dovuto fare noi». E questo ci ha gratificato molto perchè la nostra funzione, pur essendo politica e non giudiziaria, diventa importantissima per cercare di aiutare le persone che hanno subito delle cose a farsi giustizia in un mondo purtroppo dove chi è più debole, chi ha meno possibilità economiche, ma anche culturali, spesso non riesce a farsele e rimane ai margini. Il nostro è un partito che nasce su un presupposto: stare a mezzo alle persone per cercare soprattutto di aiutare coloro che sono più debole e ricercare la giustizia».

La vostra come commissione Forteto è stata una commissione che non può avere fini giudiziari. Si aspetta qualcosa dopo il vostro lavoro a livello nazionale dopo gli approfondimenti fatti su questa triste e scabrosa vicenda?

«Mi aspetto molto. Devo fare anche una confessione: quando ho preso questo incarico sette mesi fa capivo che sarebbe stata una rogna e temevo che poi finisse in caciara e che quindi il lavoro fosse inutile. Devo dire che alla fine alla conclusione del lavoro sono molto fiero di quanto fatto perchè mi è sembrato molto attento, circostanziato, e ha fatto delle richieste precise, come ad esempio mandare un’ispezione al Tribunale dei minori di Firenze e denunciare una serie di situazioni che sono state raccolte al Csm o al Tribunale di Genova, che credo daranno altri spunti importanti perchè chi ha sbagliato paghi, e non si nasconda dietro alla troppa generica frase: «La colpa è di tutti e quindi non è di nessuno». Noi abbiamo cercato di responsabilizzare chi ha avuto dei ruoli, delle cariche e chi ha mal gestito».