Faccia a faccia con gli 8 candidati a sindaco di Siena. Settimoo approfondimento di agenziaimpress.it per conoscere più da vicino idee, programmi e personalità di chi ambisce alla guida della città del Palio. Dopo Laura Vigni (leggi), Michele Pinassi (leggi), Marco Falorni (leggi), Alessandro Corsini (leggi), Enrico Tucci (leggi) e Mauro Marzucchi (leggi), il penultimo a prestarsi ai nostri microfoni è Eugenio Neri (Siena Rinasce, Moderati di Centrodestra-Sena Civitas, Fratelli di Siean #Siena2030, Nero su Bianco).
La coalizione che la sostiene è “di larghe intese”. Si va dal Pdl ad ex rappresentanti del centrosinistra, come è possibile tenere insieme queste diverse anime politiche?
«La necessità di “tenerle” insieme semplicemente non esiste. Si tratta di liste civiche aggregate sulla base di un progetto, quello di far rinascere Siena. Il traguardo è ben definito. In questa coalizione non ha importanza la provenienza, bensì la meta. Si tratta di una unione di persone che rappresenta una novità assoluta nel panorama politico senese. Un’unione che può liberare le forze migliori di Siena, coniugando tradizione amministrativa ed entusiasmo verso una ricostruzione. La logica dei partiti, delle fazioni e delle divisioni ha già dato i suoi frutti avvelenati. Adesso c’è bisogno di unione, di inclusione».
Se dovesse arrivare al ballottaggio sarebbe disposto a trovare accordi? E con chi?
«Forse per la prima volta nella recente storia di Siena, l’esito delle elezioni non è ben definito. Sostanzialmente impossibile da pronosticare, direi che è aperto a tutti gli scenari. Questo non significa però che tutte le strade siano praticabili. Non ci alleeremo con chi ha responsabilità nel dissesto della città. Non ci alleeremo con chi vuol continuare a mantenere posti di governo per pura sete di potere. Se faremo degli accordi, saranno improntati a quelle caratteristiche di trasparenza, coerenza e correttezza di cui tanto si è sentito la mancanza a Siena negli ultimi anni».
Lei ha criticato più volte l’operato dell’attuale management di banca Mps, qual è la sua ricetta per risanare lo stato di salute di Rocca Salimbeni?
«Le mie critiche partono da un punto ben preciso. C’è un piano per “desenesizzare” la Fondazione e di conseguenza la Banca. Questo piano è già operativo da tempo, ma i suoi principali sostenitori continuano nell’opera di dissimulazione per sviare l’attenzione dei cittadini. Come ho già detto, il vincolo del 4% va difeso per non aprire la strada all’azione di sciacallaggio che si innescherebbe nei confronti di Mps. Se venisse rimosso, non si attrarrebbero investitori, ma si spianerebbe la strada a soggetti esterni con la possibilità di acquisire il controllo della Banca a un prezzo d'occasione, viste le attuali quotazioni delle azioni Mps. Inoltre, le esternalizzazioni non sono soltanto l’anticamera del licenziamento di molti dipendenti, ma allontanano dall’azienda professionalità di cui c’è gran bisogno per puntare al rilancio. Il piano industriale è senza anima, come ho già detto. Non contiene nessuna indicazione sulla strada da intraprendere per riportare Banca Mps alla produttività. Ecco perché va rivisto, per adottare una prospettiva radicalmente diversa che abbia il ritorno alla produttività al primo posto delle priorità».
Cosa l’ha colpita più di altro di questa sua prima esperienza politica?
«La città. La ferita che l’ha colpita e la voglia di riscatto che sta montando ad ogni livello. E’ necessario un moto d’orgoglio per riscattare l’anima di Siena. Ci raffigurano come una realtà al capolinea. La metafora perfetta della mala gestione. La città sta invece reagendo, per spezzare l’equivoco che conduce a ritenere tutti ugualmente colpevoli di ciò che è accaduto. Questa voglia di riscatto non va mortificata, bensì incentivata, perché possa fungere da traino alla rinascita cittadina».
Ipotesi: lei è stato eletto sindaco. Quali le priorità dei primi 100 giorni?
«Le aree che richiedono un intervento sono molte. La valorizzazione del “petrolio verde” di Siena, con la sua capacità di creare indotto e lavoro. La cultura, tema sovrapponibile solo parzialmente con quanto detto in precedenza. L’università, la macchina dell’amministrazione comunale e poi ovviamente la Banca e la Fondazione, che in questi giorni ha vissuto lo spudorato atto di modifica dello Statuto in assenza di un interlocutore democraticamente eletto dai cittadini».
Quale il primissimo tema da portare in giunta?
«Il sociale, e spiego anche il perché. Il termine crisi porta con sé corollari a cascata. Crisi significa crisi di risorse, ma anche crisi di lavoro e di servizi. Proprio con la contrazione dei servizi, le fasce più deboli della cittadinanza rischiano di scivolare nel baratro dell’emarginazione e dell’indigenza. Siena è una città pia. La sua storia lo dimostra, e non può abbandonare adesso i suoi figli più deboli».
Perché i senesi dovrebbero votarla?
«Perché sono stato l’unico a parlare chiaro. Ho espresso in modo netto ed inequivocabile le mie posizioni a difesa della Banca e dei lavoratori. Ho più volte fatto appello alle forze positive affinché si unissero per dare un futuro a Siena. Ho parlato di inclusione, solidarietà e sviluppo, declinando concretamente le proposte per la realizzazione degli obiettivi. Sono alla prima esperienza in politica, ma non ho legami imbarazzanti con quel passato che ha ridotto Siena in uno stato di prostrazione materiale e morale».
Il “Buongoverno” è…?
«Penso ovviamente all’epoca d’oro della Siena antica. Contrariamente al luogo comune, il medioevo cittadino è stata una stagione splendente. In particolar modo, mi piace il ruolo del Comune come casa dei senesi. Di tutti i senesi. Adesso, la macchina amministrativa necessita una riorganizzazione che la trasformi in un autentico punto di riferimento per i cittadini, attraverso una nuova spinta motivazionale e una difesa del lavoro dei dipendenti. Trasparenza, merito ed efficienza sono aspetti da cui il Comune non può più prescindere. Nel dorato Medioevo senese, il Comune era di fatto la corporazione di tutti i cittadini. Deve tornare ad esserlo anche nel terzo millennio».
Il suo nome per la Fondazione Mps è…? E perché?
«Non ho nomi per la Fondazione, né per qualsiasi altra carica. Se li avessi, significherebbe che anche io identifico i ruoli come poltrone e non come incarichi da ricoprire nello spirito di servizio per la comunità. Non ho nomi, ma ho un metodo fatto di meritocrazia e trasparenza. Due termini purtroppo desueti nel vocabolario senese».
SOTTO NERBO
Il piatto della cucina senese preferito: L’ossobuco. A fare buchi a Siena sono bravi in diversi
Il libro sul comodino: Jonathan Littel, “Le Benevole”. Rilettura difficile ma doverosa. Spiega molte cose!
Lo scorcio cittadino del cuore: Lo spicchio di Crete senesi che si intravede uscendo da Piazza attraverso via Duprè
Personaggio storico/politico cui ispirarsi: il politico a cui tutti dobbiamo la libertà: Winston Churchill. Non c'è una piazza o una strada a lui dedicata a Siena e nella maggior parte delle città italiane
Il suo motto è:Si potrebbe far meglio