Faccia a faccia con gli 8 candidati a sindaco di Siena. Sesto approfondimento di agenziaimpress.it per conoscere più da vicino idee, programmi e personalità di chi ambisce alla guida della città del Palio. Dopo Laura Vigni (leggi), Michele Pinassi (leggi), Marco Falorni (leggi), Alessandro Corsini (leggi) ed Enrico Tucci (leggi), oggi abbiamo intervistato Mauro Marzucchi (Siena Futura).
Facciamo prima un passo indietro e parliamo con l’ex assessore al bilancio. Come stanno, effettivamente le casse del Comune di Siena? Come ritiene il suo operato all’interno della Giunta di Palazzo Pubblico?
«Il bilancio del Comune ha ritrovato gli equilibri dopo “i salassi”, i minori trasferimenti statali e la traumatica fine delle erogazioni della Fondazione Mps. Il bilancio è stato presentato il leggero avanzo e frutto degli assestamenti fatti in accordo con la Giunta da parte del sottoscritto, che ha ripreso in mano il bilancio nel giugno 2011. La situazione di bilancio è equiparabile a quella degli altri comuni d’Italia che sono tutti in difficoltà ma una difficoltà che può essere gestita. Segno che non c’è stato una gestione precedente così dissennata come si vorrebbe far emergere attraverso il ricorso a delle vere e proprie menzogne. Non ci sono 300 milioni di indebitamento, in realtà sono meno di un terzo. Inoltre non si vota perché c’era un dissesto, si sarebbe comunque andati alle urne. Per equiparare i problemi del Comune e quelli delle altre istituzioni senesi si è ricorsi alle bugie perché non c’erano le condizioni. Perché, se anche si vuole tacciare di omertà gli amministratori comunali, il fatto che il Comune abbia resto tutto pubblico (esponendo i suoi conti sull’Albo pretorio, fruibile tranquillamente in rete) fa sì che tutto ciò che era stato detto sul bilancio non solo non era vero ma non era nemmeno possibile.
Per quanto riguarda il mio operato, ritengo di aver operato bene. sicuramente al meglio delle mie possibilità, con un’esperienza che credo abbiano in pochi. Per quanto riguarda l’assessorato al bilancio, sono stato assessore dal 2001 al 2006 e nel 2004 il bilancio di Siena è stato premiato come migliore d’Italia dal Sole 24 Ore. L’ho ripreso in mano nel 2011 in piena tempesta ed è stato condotto in porto: in sei mesi si sono ritrovati gli equilibri. Dal 2006 al 2011 ho svolto anche l’assessorato ai lavori pubblici e le poche polemiche che hanno accompagnato il mio operato sono il segno di un’attenzione e di un’attività quotidiana rivolta a questo settore, il più delicato della città».
Siena Futura, per queste elezioni, aveva ricevuto anche le “avances” del centrosinistra e di Bruno Valentini per tornare a far parte della coalizione. Come mai avete deciso di correre comunque da soli?
«La rottura con il centrosinistra è arrivata con la deflagrazione della maggioranza, avvenuta non certo per colpa di Siena Futura che fino in fondo è rimasta a difesa del voto dei senesi e della governabilità della città. Dopodiché abbiamo deciso di intraprendere una strada di autonomia, per un’assenza di procedure e chiarezze che si stava delineando nel centrosinistra. E basta vedere ciò che è successo da ottobre fino ad aprile per capire che avevamo ragione. Sono state fatte due volte le primarie, sono cambiati gli attori e tutto ciò che non è Pd, mi riferisco a Sel e Riformisti, si è malinconicamente accodato ai problemi e alle contraddizioni interne dei democratici. In tal senso non solo siamo pentiti ma siamo convinti di aver fatto la scelta giusta. Ci presentiamo con le nostre facce. Sapendo di poterle presentare. E aspettiamo fiduciosi il giudizio degli elettori».
Lei ha vissuto varie stagioni politiche a Siena. In che modo descriverebbe quella attuale? Otto candidati sono segno di partecipazione o frammentazione politica?
«Sono segno che Siena è diventata una città normale. A Viareggio sono 14, erano circa 25 a Milano, più o meno 20 a Parma. Ho la sensazione, che con il sistema a due turni, in questo paese e in questa città ci sia un po’ venuta a noia la democrazia. Il sistema a due turni permette a tutti di candidarsi al primo turno, al secondo di far confrontare i due più forti. In Francia dicono al primo turno si vota con il cuore al secondo con il cervello. E questo consente a tutti di segnalare delle specificità, che magari non saranno così forti da arrivare al ballottaggio ma permettono di individuare delle esigenze di una parte consistente dell’elettorato, con progetti e posizioni potenzialmente interessanti. Se vista in questo senso, tutto ciò rappresenta un arricchimento per la democrazia. Vista con fastidio da chi ormai si è calato in questo sistema di bipolarismo imperfetto che non sta in piedi nemmeno con il Bostik».
Tutti sanno che il destino economico di Siena passa prevalentemente da Piazza Salimbeni. Per il rilancio della città a cos’altro bisogna guardare?
«Il destino del potere di Siena passava da Piazza Salimbeni, che poi tutta l’economia della città passasse dal Monte dei Paschi è comunque discutibile. Oggi Mps attraversa una fase di crisi nazionale, perché riguarda tutto il sistema bancario. A Siena la situazione è aggravata da una componente “specifica”, cioè tutto ciò che è derivato dall’acquisto di Antonveneta che ha depauperato fortemente la banca. Siena deve guardare non solo ai tradizionali collettori di benessere, (terziario, lavoro fisso, ospedale, Università ecc.), forse è arrivato il momento di capire che dai problemi possono nascere delle virtù e che non ci si può più accontentare della rendita che già c’è. I giovani hanno una grande opportunità perché sono quelli che vedono lungo perché hanno da vivere più a lungo dei meno giovani. Ribadisco, hanno una grande opportunità e devono essere sostenuti con risorse nuove. Se ci sono risorse, e comunque le dobbiamo trovare, quelle vanno convogliate verso i giovani più svegli che, invece di andare a cercare opportunità fuori da Siena, possono rimanere in città e magari creare qui quello spunto lavorativo-imprenditoriale-occupazione che vanno cercando. Si tratta quindi di una nuova stagione che potrebbe avere tra i suoi cardini l’impresa culturale, enogastronomica e turistica, in linea con le tradizioni e le vocazioni storiche di Siena».
Ipotesi: lei è stato eletto sindaco. Quali le priorità dei primi 100 giorni?
«Cose da fare ce ne sono mille, tre le priorità assolute. La prima un tavolo con il terzo settore, il volontariato e la cooperazione sociale. Perché il tessuto sociale di questa città si mantenga intatto e ci sia un sostegno per chi non ce la fa da solo. Ci sono meno soldi ma a ciò si può sopperire con una maggiore incisività da parte delle associazioni, chiamate alla gestione della cosa pubblica con idee, impegno e partecipazione. La seconda cosa da fare è un tavolo per il lavoro con associazioni di categoria, sindacati, Banca e Fondazione Mps. Per trovare la forma per sostenere il lavoro e le idee, guardando in particolar modo a quest’ultime. Perché tutti possano ambire a vederle realizzate. La terza – forse ancora più importante – è far capire ai cittadini, attraverso un’opera di pacificazione e tenendo conto delle responsabilità e di ciò che è successo, che per ripartire bisogna sapere che la città di Siena è stata grande quando è stata unita. I nemici sono fuori, non dentro le mura. Dentro occorre lavorare per tornare alla qualità della vita e di cui abbiamo usufruito fino al più recente passato. Siena può ancora fare un salto di qualità. In alternativa possiamo spengerci in reciproche ripicche che, per l’appunto, sono il contesto di questa campagna elettorale.
Quale il primissimo tema da portare in giunta?
«Lavoro».
Perché i senesi dovrebbero votarla?
«Perché ho maturato in questi anni un’esperienza tale che mi permetterebbe di calarmi immediatamente nei problemi della città trovando le soluzioni, data anche la mia conoscenza capillare della macchina comunale e dei meccanismi amministrativi. Credo che mi debbano votare anche perché dopo dieci anni di Giunta ho ancora la stessa macchina, la stessa casa e la stessa moglie, nonché lo stesso conto corrente. Credo che anche questo vada valorizzato, mentre altri puntano il dito pensando a quel “fastidio” che si prova nei confronti di una persona che da molto tempo si occupa della pubblica amministrazione»
Il “Buongoverno” è…?
«Guardo l’affresco del Lorenzetti e penso che siamo stati preceduti da grandissime persone e che dobbiamo sforzarci per esserne all’altezza».
Il suo nome per la Fondazione Mps è…? E perché?
«Per ora non c’è un nome. Deve essere una persona che sa come funzionano le fondazioni e che ha a cuore le sorti della città e la tutela del rapporto tra banca e città. Questa è la mia figura. Se farò il sindaco ci sarà anche un nome».
SOTTO NERBO
Il piatto della cucina senese preferito: Salsicce e fagioli all’uccelletto
Il libro sul comodino: “Il piccolo principe”
Lo scorcio cittadino del cuore: La fontanina battesimale nell’Istrice, vicino alla Magione
Personaggio storico/politico cui ispirarsi:Giuseppe Garibaldi e Willy Brandt
Il suo motto è: «Poco se mi valuto, molto se mi comparo» (Giulio Andreotti)