Due dipendenti di Banca Monte dei Paschi di Siena sono stati interrogati oggi in procura dai Pm Marini, Nastasi e Natalini che indagano su istigazione al suicidio di David Rossi, capo della comunicazione di Rocca Salimbeni che si è tolto la vita mercoledì 6 febbraio. Secondo quanto si apprende da fonti vicine all’inchiesta i due dipendenti interrogati sarebbero stati tra gli ultimi ad averlo visto in vita ed in quanto tali sono stati ascoltati come persone informate sui fatti. La Magistratura attende ancora i tabulati telefonici relativi alle 7 schede sim e ai 5 telefoni cellulari sequestrati appartenenti a David Rossi
Settimana infuocata per le indagini Il groviglio giudiziario che sta occupando i magistrati che lavorano e indagano sul Monte dei Paschi non sembra avere fine e, quella che si apre, si potrebbe definire come una settimana fondamentale, catalizzante e aggiungiamo ‘infuocata’. I termini si sprecano, quello che emerge – in sostanza – è che possa essere sicuramente una settegiorni importante per l'inchiesta, o le inchieste, su Mps. I magistrati senesi hanno infatti in programma una serie di interrogatori e appuntamenti che appaiono determinanti per far chiarezza sui diversi filoni – tanti e ogni giorno di più – dell'indagine. Mentre la procura toscana cerca di dipanare una matassa di indagini che ad ogni ora pare ingarbugliarsi, si scopre che nei giorni scorsi le banche toccate dall'indagine hanno corso uno sprint nei tribunali di mezza Europa.
Il braccio di ferro Mps-Nomura Il primo marzo Nomura ha presentato un ricorso a Londra contro Banca Mps, chiedendo che il tribunale inglese certifichi la validità dei propri contratti derivati – l'operazione Alexandria – stipulati dall'istituto senese per finanziare l'acquisto di Antoneventa. Lo stesso giorno, però, Rocca Salimbeni ha presentato al tribunale di Firenze una richiesta di danni da 700 milioni per l'operazione Nomura e di 500 milioni per Deutsche Bank, con cui ha sottoscritto l'altro derivato, Santorini. Delle due azioni legali – l'una contro l'altra presentata – resterà in piedi quella depositata prima. La decisione di ricorrere al giudice è stata presa dal Cda il giorno precedente e sulla fuga di questa notizia i magistrati senesi hanno aperto un'inchiesta per insider trading. Considerando che il giorno della presentazione delle istanze è lo stesso – il primo marzo – potrebbe essere una differenza di minuti a decidere quale dei due tribunali dovrà pronunciarsi e, quindi, chi giocherà “in casa”, se Mps o Nomura. L'impressione, comunque, è che l'istituto italiano possa aver anticipato di un soffio quello giapponese. Sembra invece ormai accertato che Deutsche Bank non abbia presentato alcuna azione di difesa.
Gli interrogatori In questa settimana i Pm ascolteranno in carcere a Sollicciano, dove è detenuto, Gianluca Baldassarri. Sull'ex responsabile dell'area finanza di Mps, finora indagato sia per l'operazione Alexandria sia perché ritenuto a capo della cosiddetta “Banda del 5%”, i sospetti paiono non fermarsi mai. Gli investigatori toscani starebbero seguendo una nuova pista sulla scia di accertamenti che, scrivono alcuni quotidiani, sarebbero in corso in Svizzera. I magistrati elvetici starebbero indagando per riciclaggio: sospetterebbero che Baldassarri abbia depositato o fatto transitare nelle banche del loro Paese del denaro frutto di reato. Una parte di quelle cifre – per decine di milioni di euro – sarebbe già stata bloccata dalle autorità giudiziarie locali. La settimana dovrebbe chiudersi con l'interrogatorio dell'ex dg Antonio Vigni, già ascoltato due volte per un totale di sedici ore. Per il 13 marzo, però, è prevista l'udienza preliminare per l'indagine sull'ampliamento dell'aeroporto di Ampugnano (Siena), la “madre” di tutte le inchieste su Mps. Potrebbe non bastare. Potrebbero esserci altre novità. Altri filoni, altra carne al fuoco.
La Fondazione Mps cede piccola fetta del capitale La Fondazione Mps intanto torna a vendere azioni del Montepaschi. L'ente ha comunicato non appena chiusi i mercati di aver ceduto 90 milioni di azioni, 0,77% del capitale, per un controvalore di 20,7 milioni. La vendita sarebbe finalizzata esclusivamente alla costituzione di un adeguato livello di liquidità, in modo da salvaguardare l'equilibrio finanziario nel medio termine. L'operazione, spiega la nota di Palazzo Sansedoni, è avvenuta nel corso del mese di febbraio ad un prezzo medio di 0,23 euro per azione. «Le azioni cedute – spiega la Fondazione – facevano parte della quota dell'1,44% iscritta nell'attivo circolante e libera da vincoli». Con questa mossa la quota detenuta da Palazzo Sansedoni nella banca è pari al 34,17%, mentre resta un'altra quota dello 0,77% libera per la vendita. A fine gennaio dalla bozza del documento programmatico l'ente annunciava che per la propria ''sopravvivenza'' e per mantenere l'equilibrio economico e finanziario non trascurerà la possibilità di procedere alla cessione di un altro pacchetto e di scendere sotto alla soglia del 33,5%.