Odi et amo per quelle maglie a strisce bianconere, simbolo cromatico della celebre lirica catulliana. Maglie che riempiono i cuori di chi le sostiene ma che al tempo stesso li possono anche far gonfiare di rabbia per quella celebre e rinomata scritta che dal prossimo anno sparirà (leggi). Maglie e colori, il bianco e nero, come le uniche cose cui rimanere attaccati per continuare ancora a credere in un sogno chiamato Serie A. Nella Siena delle mille rotture interne e delle tante vicende che oggi alimentano la cronaca politica, economica e giudiziaria sono i colori – e i giocatori – della Robur a risollevare gli animi di una città – passateci il termine – stordita da tutto quello che le sta accadendo.
Nonostante tutto… E in una piazza calcistica dove ormai la curva non fa altro che ribadire la sua ferma opposizione all’operato di proprietà, sponsor (dal 30 giugno “ex”) e dirigenza, gli unici che si stanno meritandogli applausi dei tifosi sono proprio i giocatori: trasformati, rinnovati, avvicendati come in pochi altri casi in precedenza dal calciomercato invernale. Calciatori che però hanno il grande pregio di non essere toccati dal ciclone che in queste ultime settimane sta imperversando su Siena: basti pensare al capitano, Simone Vergassola, che prima del calcio d’inizio festeggia la trecentesima presenza con la Robur, ricevendo gli applausi del suo pubblico da spartire, però, con i fischi indirizzati al presidente Massimo Mezzaroma che gli consegna la maglia commemorativa dell’evento. Sul campo poi la vera e propria metamorfosi per Vergassola e compagni che contro l’Inter hanno fatto vedere il loro volto migliore. Nonostante l’ultimo posto in classifica e le difficoltà di varia natura che sta attraversando il Siena. Netta vittoria per 3-1 di fronte a una cosiddetta “grande”. Anche se l’Inter vista a Siena è sembrata tutto fuorché un top team della Serie A.
L’immagine Al di là di questo però, vietato sminuire la prova degli uomini di Iachini. Perché non si può chiedere nulla in più da una squadra che sta rincorrendo una salvezza, a detto di molti, “disperata”. Corsa, grinta e la giusta dose di sfacciataggine: ingredienti fondanti per un gruppo che si deve salvare. E prendere anche qualche rivincita, aggiungiamo. Come nel caso di Alessio Sestu, passato dalle stelle per essere un grande protagonista nell’anno della promozione sotto la gestione-Conte, alle stalle da “panchinaro fisso” con Sannino. La sua parabola per il 2-1 con cui il Siena ha effettuato il sorpasso decisivo nei confronti dell’Inter è un grosso macigno che il 77 bianconero si toglie dalla scarpa. E , sottolineiamo, anche una decisa dimostrazione di personalità. È Alessio Sestu la fotografia del Siena di questo momento e, più in generale, l’immagine di una realtà e una città che deve ritrovare quel carattere e quella volontà per non tirarsi mai indietro. Nel bene e nel male. Sia che si vinca o che si perda. Specie in periodi come questo di grande difficoltà. In tutti i sensi. In sostanza, attaccamento ai colori e alla maglia: non sappiamo se possa essere l’unica, ma rappresenta indiscutibilmente la dote più importante per permettere al Siena di credere ancora nella salvezza. E non solo per quello che riguarda le sorti della Robur.