«Franco Ceccuzzi non lo abbiamo buttato fuori noi. Si è dimesso lui. Perché lo ha fatto se c’era tutto il tempo per risolvere le questioni riguardanti i bilanci? Vorremmo che ce lo spiegasse». La domanda l’ha posta l’ex presidente del consiglio comunale Alessandro Piccini questa mattina nel corso della conferenza stampa tenuta all’Hotel Continental, a nome dei dissidenti che a suo tempo bocciarono il bilancio consuntivo del Comune del 2011 e successivamente sospesi dal Partito democratico (leggi). In seguito a quel voto il sindaco Franco Ceccuzzi si dimise (leggi) dal suo incarico e per il comune si aprì la strada al commissario prefettizio (leggi). Piccini e gli ex consiglieri presenti, Giovanni Bazzini, Lucio Pace , Anna Gioia, Gian Luca Ranieri, hanno ripetuto le loro tesi sulla questione della regolarità dei bilanci già espresse nei mesi scorsi per poi passare ad attaccare l’ex sindaco Ceccuzzi per quello che sostiene nel corso della sua campagna elettorale per le primarie.
Campagna elettorale inappropriata «Una campagna che sta facendo in maniera inappropriata perche va dicendo in giro che siamo stati noi a mandarlo via. Non è vero. E’ lui che se n’è andato. E spieghi i motivi veri» ha detto Piccini, che del Pd non fa più parte essendosi dimesso, come ha fatto Gian Luca Ranieri, per aderire all’associazione Nero su Bianco, sostenitrice della candidatura di Eugenio Neri. «Noi non vogliamo entrare in questa campagna elettorale in maniera inappropriata. E’ una falsità metterci di mezzo» ha aggiunto.
«Ceccuzzi non è il nostro candidato» In sostanza i dissidenti fanno intendere che per l’ex sindaco sarebbe stato più conveniente lasciare il suo incarico e far arrivare il commissario prefettizio mentre avrebbe potuto aspettare in attesa delle risorse della Fondazione Mps poi effettivamente arrivate. Anche Anna Gioia, che non ha ancora lasciato il Pd, pur essendo sospesa, non ha risparmiato, anche in relazione alle vicende della sanità alle Scotte, accuse a Ceccuzzi. «Lui che non è il nostro candidato dovrebbe fare un passo indietro. Non è stato capace di tenere assieme una maggioranza amplissima».