Magistrati in politica? No, grazie. La criminalità organizzata non si combatte nei palazzi del potere. È questa la presa di posizione di Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. «La corsa di molti magistrati in politica ad alcuni dei quali abbiamo in parte come si dice contribuito a 'tirare la volata', è per noi motivo di grande dispiacere», afferma la presidente in una nota.
L’accusa «La politica non ha mai combattuto la mafia e non lo farà mai, le buone intenzioni per le quali da sempre abbiamo sposato il detto che ne è 'lastricato l'inferno', vengono poi tutte minate nel momento in cui i ben intenzionati varcano i palazzi del potere, dentro ai quali c'è sempre un buon motivo per salvare un qualunque segreto di stato o una qualunque ragion di Stato», afferma Maggiani Chelli. La presidente dell'associazione delle vittime della strage di via dei Georgofili dice inoltre di disapprovare le toghe in politica «perché – sottolinea – abbiamo pagato troppo caro il tradimento dei politici stessi che ci hanno messo nelle mani della mafia, per non capire che, come una ragnatela, stanno tirando a sé magistrati di punta per buttare a mare la trattativa stato-mafia». Parole che susciteranno indubbiamente polemiche e reazioni soprattutto da parte di chi, come i magistrati Grasso, Ingroia, D'Ambrosio, Cantone (menzionati nel comunicato dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili), sta per fare il grande passo verso la politica come altri colleghi: «Troppe toghe autorevoli – si legge ancora nella nota – sono entrare in politica per essere poi fagocitate e sono sparire in un mare di retorica».
Il Buongiorno di Gramellini Parole che però vanno forse contestualizzate ed è forse il caso di riflettere anche su quanto scritto questa mattina da Massimo Gramellini su La Stampa nel suo “Buongiorno”: «I magistrati in Parlamento non mi scandalizzano. Mi scandalizzano di più i condannati – scrive Gramellini -. Solo in Italia c’è bisogno di una legge per vietare ai birboni di candidarsi: altrove non troverebbero elettori disposti a votarli. Semmai il problema del magistrato è quello del buon ginnasta: l’atterraggio al termine dell’esercizio. Finita l’esperienza politica è lecito che riprenda a giudicare? Un avvocato è di parte per antonomasia. Il magistrato no. Dopo avere militato in uno schieramento parlamentare non può tornare al suo mestiere precedente come un professionista o un imprenditore. Bene ha fatto Grasso a non chiedere l’aspettativa, ma il pensionamento anticipato. Un gesto che suona quasi come denuncia silenziosa di coloro che non lo hanno compiuto».