«Tanto rumore per nulla. Dopo che per un anno si è discusso di questo tema, ora si ferma tutto. Non posso che essere critico». Questo il primo commento di Antonio Saitta, presidente dell'Unione Province Italiane, alla mancata approvazione del decreto sul taglio delle province (leggi). La notizia in circolazione dalla tarda serata di ieri, è che il decreto sul riordino delle Province non sarà convertito in base al voto unanime dei partecipanti ai lavori della Commissione Affari Costituzionali del Senato alla presenza dei ministri Filippo Patroni Griffi e Piero Giarda.

Capolinea? Con la legislatura prossima al termine per il decreto è arrivato il capolinea con la presa d'atto anche da parte del Governo dell'enorme numero di emendamenti (140) che avrebbe reso impossibile procedere in vista dell'approdo in aula previsto, almeno sulla carta, per oggi stesso. Tant'è che il presidente della commissione Carlo Vizzini ha annullato la seduta antimeridiana. A pesare secondo Saitta «resistenze localistiche ma anche dallo stesso apparato dello Stato» che «hanno impedito l'attuazione di un processo di semplificazione. Ora sul piano della legittimità non abbiamo più competenze, c'è una situazione di caos istituzionale e un danno per i servizi. Il Parlamento – conclude Saitta – deve fare qualcosa velocemente. Nella legge di stabilità bisogna prevedere che le Province possano continuare ad esercitare le loro funzioni e stanziare le risorse necessarie».

Il ministro: «Governo ha fatto ciò che doveva fare» «Il governo ha fatto ciò che doveva fare, ma la situazione non si poteva sbrogliare come del resto hanno confermato questa sera i capigruppo in Commissione». A dirlo il ministro Patroni Griffi al termine della riunione della Commissione Affari Costituzionali, che doveva esaminare emendamenti e sub-emendamenti al decreto 188. «Il Governo ha fatto insieme al Parlamento un buon lavoro fino alla spending review – ha spiegato un deluso Patroni Griffi – ma poi si sono imposti alcuni “giochi” in Parlamento».

La Toscana divisa sul riordino, unita sulle critiche al Governo E la Toscana come ha reagito alla notizia? Dopo aver dato prova di essere ancora schiava dei campanilismi quando era il momento di consegnare al Governo una proposta univoca sulla riorganizzazione del territorio (leggi) e dopo aver continuato a rivendicare capoluoghi e maggiore densità di popolazione pur di mantenere l’autonomia (leggi), la Toscana delle dieci province ora si ribella per la mancata attuazione del decreto.

Arezzo, «Irresponsabile fermare il riordino» Alla notizia che il riordino non si farà, il presidente della Provincia di Arezzo Roberto Vasai  si è detto molto preoccupato per le conseguenze sui servizi essenziali per i cittadini. «Sapevamo che il decreto sul riordino delle Province era una operazione ad alto rischio, ma la sua mancata conversione per solo calcolo elettorale è un atto di pura irresponsabilità nei confronti del Paese, in un momento di straordinaria difficoltà. L'ho detto fin dall'inizio che il Governo aveva sottovalutato la complessità di questa operazione di riordino, ma a questo punto fermare la macchina in corsa presenta un rischio davvero inaccettabile. In questi giorni le Province hanno mostrato grande senso di responsabilità chiedendo che fossero create le condizioni minime per poter continuare a svolgere il proprio ruolo, che di giorno in giorno viene percepito da tutti come essenziale per garantite servizi fondamentali per la comunità. Oggi, alla luce di quanto sta accadendo la preoccupazione è forte e ci aspettiamo che il Governo, seppure a conclusione della propria esperienza, assuma le decisioni necessarie per evitare che l'azione delle Province sia definitivamente compromessa. Questo è quanto si aspetta la nostra gente, i lavoratori, le aziende, gli utenti delle strade, il mondo della scuola».

Firenze, «Questione gestita in modo incoerente e improvvisato» «Di fonte al pericolo di caos nei servizi essenziali come la manutenzione delle scuole superiori, delle strade, gestione dei rifiuti e tutela idrogeologica e ambientale, tutti hanno capito finalmente che le Province non sono enti inutili, ma in realtà svolgono funzioni fondamentali per i cittadini». Ad affermarlo il presidente della Provincia di Firenze, Andrea Barducci. «Ciò detto, la questione delle Province è stata certamente gestita in modo incoerente e improvvisato – ha aggiunto Barducci – però a questo punto chiediamo al Governo e al Parlamento di concludere l'iter convertendo in legge il decreto legge 188, per dare almeno un senso a questa storia. E' curioso però che questo senso di responsabilità per giungere comunque ad un riordino, arrivi proprio dalle Province italiane, mentre chi finora ha strillato contro le Province ha rischiato di portare la situazione verso il nulla di fatto».

Grosseto, «È la decisione peggiore che potessero prendere» Il commento a caldo di Leonardo Marras, presidente della Provincia di Grosseto è affidato alla sua bacheca  Facebook. «E’ la decisione peggiore che potessero prendere. Detto ciò, evitino il Governo e i suoi ministri di prenderci in giro: il caos della mancata conversione è responsabilità solo loro e di ciò che hanno fatto approvare lo scorso dicembre ad un parlamento distratto dalle parentele di Mubarak. I rischi per scuole e per strade – scrive Marras –, diventate tanto care solo nelle ultime ore al Governo, si evitano facilmente e solo se si sblocca il Patto di Stabilità e si restituiscono risorse che sempre il Governo ha tolto: 70 Province su 107 sono per questo a rischio default nel 2013».

Siena, «Epilogo naturale di scelte confuse e sbagliate» «La decisione della Commissione Affari Costituzionali del Senato di non procedere alla conversione del ddl sul riordino delle Province, se verrà confermata, rappresenta l’epilogo naturale di scelte sbagliate, confuse e contraddittorie fatte dal governo sulla pelle delle comunità – dichiara Simone Bezzini, presidente della Provincia di Siena -Da una parte – spiega Bezzini – c’è da esprimere soddisfazione perché si blocca un iter che rischiava di minare l’integrità del nostro territorio, mettendo addirittura in discussione la possibilità di mantenere lo status di capoluogo per la città di Siena. Dall’altra però c’è il grande rammarico di aver dovuto assistere in tutti questi mesi all’emergere di un pasticcio istituzionale, che non ha mai avuto al suo interno nessun elemento che consentisse la nascita di una moderna riforma del sistema istituzionale. Il ddl ha solo sottratto energie e tempo preziosi agli amministratori e alle istituzioni di tutti i livelli, coinvolgendoli in una discussione che si è rilevata del tutto inconcludente. I grandi limiti del testo presentato dal governo erano chiari fin dall’inizio: i forti dubbi di costituzionalità; la mancanza di un legame tra riassetto istituzionale e funzioni; la disparità tra Province e città metropolitane; la cancellazione dell’elezione diretta e l’introduzione di criteri rozzi e puramente numerici per definire i capoluoghi e le nuove province. Il disastro era già annunciato all’interno del testo di legge.Ora – conclude Bezzini – servono norme chiare ed urgenti da parte del Parlamento per evitare la confusione istituzionale in materia di funzioni e una dotazione adeguata di risorse per assicurare servizi essenziali per i cittadini su scuole, strade, difesa del suolo e protezione civile. L’auspicio è che da questa brutta pagina per il nostro Paese tutti traggano insegnamento, a partire dal prossimo governo e Parlamento che dovranno fin da subito aprire un cantiere vero di riforma delle istituzioni all’insegna della modernità, dell’efficienza e della riduzione dei costi».

Norma “Salva funzioni” Nella legge di stabilità potrebbe essere inserita una norma per rinviare al 31 dicembre 2013 gli effetti delle norme sulle Province contenute nel decreto “Salva Italia”, lasciando in capo per un altro anno alle Province le attuali funzioni e competenze. E' quanto emerso dall'incontro tra una delegazione dei sindaci dei capoluoghi a rischio a causa dl sul riordino delle Province, e il senatore del Pd Enzo Bianco, membro della Commissione Affari costituzionali.

Uncem Toscana: «E’ finita male così come era iniziata»  «Più che un rischio ormai pare quasi una certezza: il decreto sul riordino delle Province quasi certamente salterà. Oggi l'aula del Senato voterà una pregiudiziale di costituzionalità avanzata dal Pdl. Se passerà, il decreto cadrà automaticamente. E questo si porterebbe dietro un effetto paradossale: le Province perderebbero tutti i loro compiti e le loro funzioni. Può darsi che il governo inserisca nel Ddl stabilità le norme che consentono una proroga, salvando le funzioni delle Province, che nel frattempo sarebbero rimaste le stesse di prima». Lo afferma Oreste Giurlani, presidente di Uncem Toscana e membro di presidenza del Consiglio delle autonomia locali (Cal) della Toscana. «Insomma siamo a rischio caos. Una revisione nata sulla scia della spending review, mai accettata dai territori e priva di uno sguardo più ampio da vera riforma istituzionale finisce nel peggiore dei modi – prosegue Giurlani – Oggi ci troviamo di fronte a due tipi di problemi. Il primo, appena accennato, di un caos istituzionale e del fallimento complessivo del taglio delle Province. Il secondo, con il quale sicuramente si troveranno a fare i conti gli amministratori provinciali, è il taglio già previsto di risorse per il 2013, che prescinde dalla legge sulla revisione». La gestione di scuole, trasporti, strade e rifiuti sono dunque a forte rischio. «Il decreto Salva Italia infatti – prosegue Giurlani – fissa al 31 dicembre di quest'anno la data entro la quale Stato e Regioni devono trasferire ai Comuni funzioni proprie delle Province. Così il risultato finale è quello di avere le stesse Province ma prive di funzioni. Una norma stralcio, alla fine, probabilmente sanerà questa situazione, come già affermano diversi presidenti di Provincia. Ma resta il pasticcio. E resta sicuramente – conclude Giurlani – il problema delle risorse a causa dei tagli pesantissimi effettuati dal Governo. Per il prossimo governo sarà sicuramente una grana in più».

Pisa, «Mancate riforme sono schiaffo a cittadini» «L'affossamento della riforma delle province e la mancata nuova legge elettorale sono uno schiaffo in faccia ai cittadini. Il Pdl ne è pienamente responsabile e pagheràun alto prezzo anche per questo. Si e' scelto per la conservazione e la confusione. Le autonomie locali così ricevono un altro colpo e si determina una situazione caotica». Così il sindaco di Pisa Marco Filippeschi, presidente nazionale di Legautonomie, commenta la decisione presa in Senato di non procedere alla conversione del decreto sul riordino delle province. «Nonostante le dispute territoriali, c'era stato un concorso positivo al miglioramento del decreto e l'unica riforma istituzionale della legislatura si poteva approvare con vasto consenso – sottolinea – Di certo con il consenso dei cittadini e delle rappresentanze sociali. In tutta l'Europa esistono enti intermedi fra comuni e regioni. Era stato raggiunto un punto di equilibrio importante, determinando la dimensione di una provincia più grande e con importanti e delimitate funzioni, con una struttura più leggera e costituita come emanazione dei comuni. Non era certo la riforma organica della Carta delle autonomie – aggiunge Filippeschi – ma rappresentava comunque una riforma vera. Ora serve togliere gli enti locali dall'emergenza che è, insieme, ordinamentale e finanziaria. Il governo in carica deve agire rapidamente. Poi, in vista delle elezioni, saranno i programmi a parlare – conclude Filippeschi – e le rappresentanze delle autonomie locali dovranno pretendere grande chiarezza di obiettivi e d'impegni e chiedere un patto chiaro di riforma che sia proposto direttamente ai cittadini, che vincoli i parlamentari che saranno eletti».