Una riflessione su un teatro diverso, per non dire ‘nuovo’, che sia fortemente legato a comunità di spettatori. E’ questo l’obiettivo di “Shakespeare shaker”, la rassegna estiva, tra Firenze e Scandicci, che la Fondazione Teatro della Toscana dedica a Shakespeare nel 400esimo anniversario della sua morte. Martedì 14 giugno al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci l’appuntamento è con “Il resto è silenzio” liberamente tratto da 5 opere di William Shakespeare (ore 21, 15).
Gli spettacoli Cinque compagnie, sei registi, che lavorano da molti anni con il teatro nella Salute Mentale, si sono messi in gioco con il Coordinamento Teatro come Differenza, e dopo Borderline (2013), Reading (2014), Antologia del Nulla (2015, 2016), presentano “Il resto è silenzio – Il dramma del potere in Shakespeare”. Ogni gruppo porta in scena l’estratto di un diverso dramma. Arbus ha lavorato su Otello esplorando il tema del potere nelle relazioni Otello/Iago e Otello/Desdemona: potere che la mente dell’uomo ha sulla rappresentazione individuale della realtà e sulle conseguenze che questo può avere nelle relazioni affettive uomo/donna. Arte in corso si è interrogato su Re Lear in cui si racconta la solitudine del potere determinata dalle sue stesse regole e dalle esigenze dinastiche della lotta alla successione. EsTeatro contribuisce a questo ‘ritratto’ sul potere con la messa in scena di una rivisitazione originale tratta da Riccardo III dove si mette in risalto come la brama di potere possa arrivare a calpestare ogni etica e morale. Su Amleto è invece incentrato il contributo di Isole Comprese. La vicenda del pallido principe che si sottrae a se stesso, vivendo le inquietudini del Castello di Elsinore nella propria mente, produce un corto circuito all’interno del teatro, tra fare ed essere. Sfumature in Atto ha scelto, infine, di lavorare su La Tempesta, opera che in un certo senso apre e chiude tutto Il resto è silenzio, inquadrando le diverse interpretazioni del potere in una visione idealizzata della tempesta come potenza della natura che simboleggia la violenza degli uomini. A questo scenario assiste Prospero che, abbandonati i propri poteri magici, chiude lo spettacolo riflettendo sull’effimera illusione del potere stesso.