«Un tempo la Francia pretendeva di dare lezioni di democrazia, oggi impara una lezione»
di Mathilde Auvillain (corrispondente in Italia Radio France Internationale)
«Mentre in Francia la destra di Sarkozy sta dando l’immagine peggiore di sé con le primarie al UMP – i due finalisti Fillon e Copé rivendicano la vittoria – il centro sinistra italiano sorprende per il “fair play” e per l’alta partecipazione al voto di domenica. In pochi mesi, la situazione sembra essersi rovesciata da un lato all’atro delle Alpi.

Un tempo, la Francia pretendeva di dare lezioni di democrazia all’Italia berlusconiana, invece oggi potrebbe imparare una lezione dall’Italia per il clima in cui si è svolto il primo turno delle primarie a sinistra. Sorprende, infatti, il numero della partecipazione a queste primarie di centro sinistra – 3,1 milioni di votanti – mentre in Francia, un record di 2,5 milioni di elettori si erano espressi per le primarie del Partito Socialista di ottobre 2011, che hanno portato alla scelta del candidato Hollande poi diventato presidente della Repubblica.

Con queste primarie il centrosinistra si impone come soggetto politico potente e credibile al livello europeo. Un primo segno che qualcosa sta cambiando è che adesso in Francia nessuno mi chiede più “ma perché gli italiani continuano a votare Berlusconi?”, ma piuttosto “chi è questo Renzi?”. Matteo Renzi, sconosciuto ancora qualche mese fa, incuriosisce molto i cugini d’oltralpe.

Rimane comunque difficile rispondere alle altre domande dei miei concittadini : “Ma cosa propone per uscire della crisi che colpisce l’Italia e l’Europa?”. Queste primarie al centrosinistra mancano infatti di contenuti, di programmi, di proposte concrete. Ognuno dei due finalisti rivendica il cambiamento, ma non si è capito bene quali saranno i mezzi di questo cambiamento – se non per Matteo Renzi di “rottamare” la vecchia classe dirigente e fare largo ai giovani.

Nelle dichiarazioni sia di Bersani, sia di Renzi, dopo il primo turno, si è parlato di numeri, di partecipazione, di mobilitazione, ma non di questioni di fondo legate ai problemi dei cittadini, di cosa si proporrà una volta in campo per la corsa a Palazzo Chigi. Eppure bisogna ancora convincere l’Europa – alla quale non dispiacerebbe avere Mario Monti come interlocutore per altri cinque anni – della capacità della politica italiana a riprendere il destino del Paese in mano».