Sono partite dall’uccisione di Giuseppe Raucci, trovato morto nel bagagliaio di un’auto il 10 dicembre scorso a Ginestra Fiorentina le indagini coordinate dalla Dda fiorentina che hanno portato all’esecuzione di 20 misure di custodia cautelare – 6 in carcere e 14 ai domiciliari – per un’inchiesta su un traffico internazionale di droga e omicidio. Secondo quanto spiegato dagli investigatori Raucci sarebbe stato ucciso dall’organizzazione calabro-livornese smantellata dall’indagini per un affare finito male: incaricato di acquistare a Roma tre chili di cocaina – per un valore di 35mila euro – sarebbe stato truffato. Al posto dello stupefacente gli sarebbe stato venduto zucchero.
La vicenda La vittima , 48 anni, originario di Prato e residente a Camaiore, venne ucciso con un colpo di pistola alla testa. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Raucci fu ucciso il 9 dicembre scorso, nell’appartamento di un residence di Tirrenia (Pisa), preso in affitto dal gruppo criminale, dopo essere stato attirato lì «con un tranello», ha spiegato il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo nel corso di una conferenza stampa. Il suo omicidio fu una vera e propria «esecuzione mafiosa», per non aver restituito i 35 mila euro ricevuti per acquistare la droga. Nell’appartamento era presente anche un dominicano di 33 anni, Amin Ricon Fabian, che aveva ricevuto incarico di acquistare la droga a Roma insieme a Raucci da un gruppo di colombiani. L’uomo, arrestato questa mattina nell’ambito dell’inchiesta insieme al fratello, Santana Fabian di 37 anni, fu risparmiato e mandato via. Dopo l’omicidio l’appartamento fu ripulito con cura: tuttavia tracce del sangue di Raucci sono state trovate dagli investigatori nel corridoio del residence che porta all’abitazione affittata.
Le indagini Secondo l’accusa, Raucci e il 33enne dominicano lavoravano come ‘broker’ della droga, intermediari che smerciavano ai vari gruppi criminali operanti in Toscana i carichi di cocaina fatti arrivare in Italia dalle organizzazioni criminali sudamericane specializzate nel traffico internazionale di stupefacenti. Per l’omicidio sono finiti in carcere Yuri Cambi, livornese di 47 anni, Carmine Balzano, 48 anni, di Livorno, Emilio Tropea, 55 anni, calabrese, e Giovanni Zaccuri, 60anni, pratese. Tra le persone finite ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta, condotta dal Pm Angela Pietroiusti, anche il fratello di Giuseppe Raucci, Vincenzo, 46 anni, per il traffico di droga. Al momento gli inquirenti non avrebbero elementi per stabilire se l’uomo conoscesse i nomi degli assassini del fratello. Sempre in base a quanto emerso nel corso delle indagini, il gruppo criminale calabro-livornese aveva tra l’altro il compito di coordinare l’organizzazione logistica relativa alla ricezione della droga che arrivava dal Sud America al porto di Livorno.
Killer ‘intercettati’ durante il trasporto del cadavere Le fasi successive all’omicidio di Giuseppe Raucci sono state documentate dalle intercettazioni ambientali effettuate grazie a una microspia e un gps piazzati precedentemente nella sua Citroen C1 dagli investigatori, che stavano tenendo d’occhio i suoi movimenti nell’ambito di indagini relativi al traffico di droga. «Vai… Minchia come pesa», avrebbero detto i killer. Alle 1,21 del 10 dicembre scorso il cadavere di Raucci fu caricato nel bagagliaio della sua Citroen C1, in sosta nel parcheggio seminterrato del residence di Tirrenia, come testimoniato dall’intercettazione ambientale. L’auto, guidata da uno degli assassini, si spostò poi verso Firenze percorrendo la superstrada, seguita da un’altra vettura guidata da un complice. I malviventi in un primo tempo lasciarono l’auto col cadavere in via Viaccia, a Empoli, per poi decidere intorno alle 3 del mattino di spostarla lungo la via Chiantigiana a Ginestra Fiorentina, considerando il luogo più appartato. Nel corso del tragitto i due uomini a bordo delle vetture si sono parlati usando schede telefoniche intestate a persone fittizie, avute da un negozio di telefonia di Livorno. Secondo quanto ricostruito, la sera del 9 dicembre Giuseppe Raucci fu prima immobilizzato e poi ucciso con un colpo di pistola in testa, sparato da breve distanza con una pistola calibro 9. Nonostante le minacce del gruppo criminale, Raucci non si sarebbe mai attivato per cercare di recuperare il denaro, ipotizzando invece di comprare una pistola per difendersi. In una telefonata intercettata dagli investigatori il fratello Vincenzo, finito ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta, afferma di essere disponibile a vendere la sua abitazione per aiutarlo a restituire i soldi. Quando è stato ucciso, poiché considerato non più affidabile, stava trattando l’acquisto dal Sud America di una partita di 300 chili di cocaina per contro dell’organizzazione. La droga sarebbe stata poi piazzata in Toscana e in altre regioni del Centro e Nord Italia.