Leonardo Marras

Mentre sul decreto di riordino delle Province incombe la decisione della Consulta che è chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità delle legge – la riunione inizialmente convocata lo scorso 6 novembre è però stata rinviata a data da destinarsi (leggi) – nella Toscana del sud c’è chi, all’ombra del grifone, sorride per aver ottenuto il capoluogo e chi, all’ombra del leone, una volta rampante, di ridere non ha più voglia.(leggi). A smorzare i toni su campanilismi e vecchie acredini, però, ci pensa Leonardo Marras, il presidente della Provincia di Grosseto, intervistato da agenziaimpress.it, che alla notizia dell’accorpamento si era lasciato andare ad un entusiasta: «Sta nascendo la Provincia più bella d’Italia».
               
Presidente come sono percepiti questi sentimenti contrapposti tra Grosseto e Siena?
«Non mi pare che ci siano sentimenti contrapposti. Abbiamo tutti criticato anche aspramente le modalità di questa riforma. Ho sempre pensato alla grande utilità di un ente come la Provincia, ma capisco anche che non si può rimanere fermi e ancorati ai confini ottocenteschi. Abbiamo invece l'obbligo di cambiare e innovare. Nel mezzo c'è stata la questione dei capoluoghi che ha condizionato tutto e ha impedito finora di ragionare di cose importanti per le nostre comunità. Noi abbiamo scelto di accettare la sfida e di stare dentro alla riforma, perché oggi il problema è come governare il cambiamento salvaguardando le identità, senza essere conservatori. E non c'è dubbio che gli unici accorpamenti possibili sono solo quelli che hanno da mettere in comune una storia, alcune relazioni importanti e tratti di interesse comuni. Questo per disegnare un futuro che favorisca nuove traiettorie di sviluppo. Aggiungo che è più che mai evidente che questa parte di Toscana ha bisogno di maggiore integrazione per svolgere un ruolo più forte rispetto alla Toscana che va da Firenze fino a Pisa».
 
Lei cosa si aspetta?
«In primo luogo che venga bocciata in modo inequivocabile l’idea che la Provincia possa essere un ente di secondo livello – spiega -. Non solo la Provincia ha una dignità costituzionale che non può essere sminuita, ma va tenuto conto che l’investitura diretta degli organi di governo da parte dei cittadini è la fonte di legittimazione di ogni istituzione e potere pubblico. Un ente di secondo livello sarebbe solo l’ennesimo “carrozzone” governato da nominati. Poi spero che venga anche sanzionato l'abuso della decretazione d’urgenza per attuare riforme di questa portata: annullando dibattito, partecipazione, sottraendo ruolo alle comunità e al Parlamento. Questa riforma parte da un’esigenza di riordino legittima, per sfociare in un pasticcio. Che rischia di complicare la vita ai cittadini e senza ottenere alcun risparmio. Alla fine il riordino si farà perché è un’esigenza avvertita da tempo – conclude -. Ma spero che si faccia su tutt’altre basi, e nell’ambito di una riforma dello Stato nel suo complesso: dal Parlamento ai Ministeri, passando per Regioni, Province e Comuni. Solo così daremo risposte serie ai problemi reali. Ma per questo le questioni andrebbero affrontate tutte, senza reticenze o zone franche». In tema di toto-nome per la nuova realtà, invece, quasi sicuramente alla fine sarà “Grosseto-Siena”. Sulle varie ipotesi  si è fatto un gran parlare nelle ultime settimane con proposte colorite e fantasiose. Ma sul nuovo ente c’è poco da scherzare. «Ipotesi, anche suggestive, se ne fanno tante sui giornali. Io penso che potremmo chiamarci con i nomi delle due città capoluogo, ma è una discussione che non mi interessa moltissimo, non mi appassiona proprio perché non vorrei che si trasformasse in una lotta di campanile aizzata da chi avesse interessi di breve orizzonte. Ci terrei al fatto che non si perdesse di vista il compito della nuova provincia che non è quello di portare un nome nuovo, ma di servire quasi mezzo milione di cittadini sparsi in un territorio vastissimo, il più vasto d'Italia. Per il nome, forse, sarebbe giusto si pronunciassero i Consigli comunali e sarebbe utile che si esprimessero le rappresentanze istituzionali di imprese e mondo del lavoro». Il problema dei nuovi nomi, non è tuttavia secondario, visto che lo stesso presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha dichiarato nei mesi scorsi che «servono nomi nuovi per i vari territori».Nome fantasioso o dettato dalla geografia che sarà, alla fine quella che dal 31 ottobre con l’approvazione del decreto legge di riforma da parte del Consiglio dei ministri (leggi) sembra destinata a diventare realtà.
 
Che Provincia sarà agli occhi del presidente Marras?
«La Provincia più bella d’Italia. Penso al fatto che avrà un territorio di altissimo pregio ambientale e rurale, con alcuni dei paesaggi che hanno contribuito a forgiare l’iconografia della Toscana nel mondo, sia rispetto alla campagna che al mare – spiega -. E poi, naturalmente, penso alla bellezza della città di Siena, ai borghi medievali da Pitigliano a San Gimignano e alle aree archeologiche da Vetulonia a Chiusi, alle spiagge e alle scogliere dell'Argentario, dall'Isola del Giglio fino ai boschi dell'Amiata».
 
Nuova Provincia, solo benefici? 
«L’adeguamento della Grosseto-Siena – spiega il presidente Marras –  faciliterà enormemente i collegamenti tra i due attuali capoluoghi, con tempi di percorrenza inferiori agli spostamenti interni a città come Firenze o Roma, e il completamento del Corridoio tirrenico lungo la costa offrirà nuove opportunità di sviluppo. L’intero sistema produttivo delle due attuali province ne trarrà giovamento. Ci sono poi comparti come il turismo e l’agroalimentare che già oggi sono perfettamente sovrapponibili per omogeneità delle caratteristiche e dell’offerta». Per adesso, sulla carta, la nuova Provincia vista da Grosseto, promette vantaggi.