Mischia in area, arriva il cross, nulla di fatto: l’arbitro ha interrotto il gioco. Palla alla difesa. Non si contano più le volte in cui un radio o un telecronista ha usato queste parole. È infatti diventata un’abitudine della classe arbitraria italiana fischiare il cosiddetto “fallo di confusione”, vale a dire di sanzionare fallosamente gli attacchi delle squadre quando nell’area di rigore avversaria si ha la sensazione che qualcosa non è andato per il verso giusto. Sottolineiamo “sensazione”, non “certezza”. Il gol annullato a Paci in Atalanta-Siena è solo l’ultimo capitolo di questo libro nero che riguarda i fischietti italiani: ma se anche un arbitro di grande caratura ed esperienza internazionale come Rizzoli cade in questo escamotage, vien da sé che il problema è ben diffuso e presente in tutto il calcio italiano.
 
Palla contesa, palla alla difesa Sul fallo di confusione fanno ormai gioco le difese e i difensori più esperti e scafati. Capita spesso ad un Chiellini o ad un Bonucci per esempio, ma anche ad un Yepes, ad un Ranocchia, ad un Samuel, ad un Campagnaro o ad un Gamberini se vogliamo. Quanti falli del genere hanno poi subito negli anni i vari Materazzi, Nesta e Cannavaro? Nulla di personale contro questi grandi campioni, per carità, ma le aree di rigore delle grandi squadre sono spesso off limits per una certa propensione della classe arbitrale a fischiare falli contro gli attacchi ogni qual volta un attaccante avversario provi a prendere posizione in attesa di un traversone. Se si affrontano due piccole, come nel caso di Atalanta e Siena, la tendenza va a favore della squadra di casa, come nel caso dei bergamaschi contro i bianconeri. Se ne parla poco del fallo di confusione. Generalmente viene ritenuta la scelta più politcally correct. «L’arbitro avrà visto qualcosa, qualche spinta o qualche trattenuta». Si rimane quindi sul vago nell’analisi tecnica di certe circostanze e poi si fa come nel calcio balilla: «Palla contesa, palla alla difesa». A poco serve quindi che gli allenatori studino schemi, blocchi in area di rigore, e movimenti per liberare i saltatori più forti. Il problema più rilevante è che, in certi casi, il peso specifico di certe chiamate arbitrali risulta rilevante non solo per il risultato finale di una partita ma anche per l’andamento di una stagione intera. In uno scontro diretto salvezza come Atalanta-Siena, annullare una marcatura può segnare profondamente un’annata intera, come nel caso della Robur rimasta adesso staccatissima dalle altre all’ultimo posto in classifica.
 
Domenica nera per i fischietti Come mai si sanzionano certe azioni? Crediamo che il nodo centrale della questione stia tutto nella non elevata personalità della classe arbitrale italiana, troppo avvezza a facili episodi di protagonismo, cartellino alla mano, e generalmente poco decisa nei momenti veramente chiave dei match. Serve a poco aumentare il numero degli arbitri, ormai si parla di quintetti nei campi di Serie A con i giudici di area che si stanno dimostrando ancora inesperti per ricoprire questo ruolo, attraverso delle chiamate che poco hanno di uniforme le une con le altre. Vedi per esempio il doppio fallo di rigore in Parma-Sampdoria, fatto in fotocopia dai due portieri, che nel primo tempo ha portato all’espulsione del blucerchiato Romero mentre nel secondo alla semplice ammonizione per Mirante. Dov’era poi il giudice di porta quando Roncaglia della Fiorentina veniva atterrato nell’area di rigore del Chievo a pochi minuti dal termine? Cosa stava guardando? Oppure era troppo rischioso assegnare un penalty a pochi istanti dal triplice fischio contro la squadra padrona di casa al termine di un match in cui nessuna delle due compagini meritava al 100% i tre punti? Dubbi che rimangono, che alimentano le polemiche della domenica sera e del lunedì mattina, ma che poi vengono troppo spesso lasciate perdere senza essere degnamente analizzate sul piano tecnico. Tra meno di una settimana si torna sul campo, aspettatavi un fischio al prossimo cross verso un’area affollata. Punizione per la difesa e si riprende da capo.