A Siena si continua a discutere. Anzi, finalmente si è cominciato a farlo. Complice la crisi politico-istituzionale al Comune (il Consiglio comunale per il voto bis sul bilancio consuntivo 2011 saltato lo scorso 27 aprile e inizialmente convocato per domani, è slittato al 21 maggio dopo la richiesta da parte del sindaco Ceccuzzi (leggi) approvata all'unanimità in sede di Conferenza dei Capigruppo), complice l’inchiesta della Procura di Siena sulle vicende della Banca, complice la campagna mediatica che da qualche settimana ha acceso i riflettori sulla città, ultima la trasmissione Rai di Report.
In questo clima cittadino teso e nervoso i commentatori provano a interpretare i nuovi scenari che si stanno delineando all’orizzonte. Davanti al bar, per via Banchi di sopra o anche sui blog. E noi intendiamo ospitarne uno in questo spazio. Per ragioni del tutto personali, l’autore intende mantenere l’anonimato. E noi lo rispettiamo. Tuttavia, il ragionamento sviluppato merita di essere pubblicato e condiviso, seppure non ci appartenga la cultura dell’anonimato. I tempi, infatti, stanno per cambiare, come cantava tanti anni fa Bob Dylan, ed è forse venuto il tempo di prendere posizioni nette e chiare. E soprattutto alla luce del sole. Ognuno di noi ha il dovere di farlo per rispetto alla città e ad una cultura che non deve essere più quella della paura ma quella della condivisione delle idee. Noi, con le nostre cronache proviamo a farlo. Buona lettura e buone riflessioni.
"Se qualcuno avesse avuto ancora dubbi, la trasmissione Report di RaiTre ha dissolto ogni nebbia sull'argomento. Cosa ci ha fatto vedere Report? Cosa voleva dire? Quale “messaggio” ha comunicato quella puntata costruita sapientemente e passata dalle parole di Colonnino a quelle di Guzzetti? Molto semplice: Siena è una città “particolare” (diciamo per carità di patria) in cui regnano “il groviglio armonioso”, le massonerie, le clientele, l'incapacità e l'inettitudine, e i cui cittadini si baloccano col Palio (giochino costosissimo – si vuol chiaramente far capire questo – a causa della pioggia di soldi della Fondazione) unico e assoluto loro interesse.
Questa è la premessa del messaggio di Report. Il secondo step del ragionamento è che questa città, così governata (finora…), è stata preda di incapaci: tra i primi viene messo Mancini e tutta la Fondazione, tra i secondi i dirigenti della Banca accusati da uomini di spalle. E questo ha portato al disastro della Banca, dall'eccessivo prezzo di Antonveneta (questo ormai l'hanno capito anche i muri) alle manovre ardite del ramo finanza (estero su estero).
Terzo e ultimo step, vero e proprio messaggio della trasmissione: Siena, come classe dirigente, non è in grado di reggere i destini del terzo gruppo bancario italiano. Quindi, la Banca le va tolta di mano. Per fortuna che è arrivato Profumo.
Ecco, questa è la Tesi che Report ha voluto sin dall'inizio dimostrare, costruendo il quadretto cittadino con massoni di spalle e colonnini di faccia, ampugnani e scioperi montepaschini. E, ulteriore elemento del messaggio, di chi è la colpa?
Di Cenni non si parla, di Ceccuzzi si fa vedere una foto e si dice poco, più spazio a Mussari, nessuno a De Bustis, moltissimo a Mancini e alla Fondazione, abbastanza a Vigni. Quindi la colpa, sembra dire implicitamente la trasmissione, è soprattutto di Mancini e della Fondazione, piena di inadeguati (poiché c'è dentro, dice l’intervistato Lucci – bontà sua – il ferroviere e l'edicolante, l'anestesista e l'impiegato USL), inutile legame con la politica cittadina che è quello che è.
Di questo passaggio risuonano le parole che qualche giorno dopo Sergio Rizzo sul Corriere della Sera fa piovere sul medesimo argomento: “il legame con la politica (cioè con le istituzioni locali democraticamente elette) è antistorico, inutile e dannoso”. Riepiloghiamo: i senesi non sono capaci, la Banca ne soffre, quindi la Banca deve recidere i legami con i senesi (con la politica senese, in realtà, ma Report ci ha messo il Palio apposta). Punto.
Per fortuna che è arrivato Profumo: la banca, ora, è nelle mani giuste. La Banca, ora, è svincolata dal potere politico locale, dalle beghe del Pd senese, anche dagli appetiti di chi ha usato la Banca per costruire una propria personalissima presenza politica e avrebbe voluto continuare così.
Ma chi avrebbe architettato tutto questo? Un probabile indiziato potrebbe essere il sindaco Ceccuzzi, ovviamente. Di cui nella puntata di Report si parla pochissimo, avvalorando la sua immagine di “discontinuatore”, colui che è arrivato a Siena da Marte e ha scoperto tutti i disastri del “Sistema Siena”. E se il Pd nazionale gli avesse affidato una missione del genere potremmo dire che è stata portata a termine: mettere la Banca in “mani sicure” e liberarla dagli impacci senesi. Si, ma dopo?
Dopo gli rimarrebbe di fare il sindaco di Siena, cioè dei cittadini che lo hanno eletto un anno fa. Un ruolo difficile e probabilmente ingrato, poiché i soldi sono finiti, i sogni e le illusioni anche, e quello che rimane da gestire è un presente di problemi, di scontento, di pochi progetti in cantiere per il futuro e tanti tagli da apportare al sistema del welfare locale. E forse “dare” i cavalli, vedere il Siena dalla tribuna d'onore, celebrare Santa Caterina non sono proprio le cose più entusiasmanti per un politico di razza come lui. In più c'è la guerriglia dei fratelli Monaci, il Consiglio Comunale che traballa e il Pd spaccato. In più, c'è il semplice fatto che fare il politico senza responsabilità è molto più leggero che amministrare la città.
Se uno fa la somma il conto potrebbe non tornare. Specialmente se uno – in cambio di una dura missione da compiere – avesse ricevuto prospettive e rassicurazioni su un futuro di ambito nazionale. Un futuro che, sotto la protezione di potenti amici, potrebbe vederlo ancora una volta riunito a Giuseppe Mussari, sodale di una vita, che ha dovuto “rimuovere” (ma rigorosamente alla scadenza del mandato, non prima…) dal posto dove lo aveva messo lui, sicuramente a malincuore. Quindi perché rimanere a soffrire a Siena? Si tratta di trovare la migliore exit strategy possibile, che mantenga l'aura di “discontinuatore” e getti la responsabilità su altri.
Per questo l'ingordigia e la prepotenza dei fratelli Monaci sembra venuta in soccorso! Forse inconsapevoli di servire ad un disegno creato da altri, si sono assunti la veste dei “giustizieri” di Ceccuzzi, cedendo alle numerose “provocazioni” che da mesi a questa parte il sindaco ha prodotto nei loro confronti (richieste di dimissioni a iosa, prima Mancini, poi Morello, poi Rabizzi, e chissà quanti altri…). Proprio questo stillicidio di rotture nei confronti di una gran parte del Pd, che ha rappresentato l'asse inossidabile dell'avvento ceccuzziano a Siena, rappresentano un segno alquanto chiaro della volontà del sindaco di arrivare ad una rottura insanabile coi Monaci: troppi passi in una sola direzione per un politico accorto e navigato come lui, sempre capace di trovare vie d'uscita e equilibri più avanzati.
Saranno quindi i fratelli Monaci a mettere l'ultima tessera del mosaico? Si assumeranno tutte le colpe, lasciando a Ceccuzzi un'uscita di scena da “discontinuatore” e martire? Forse, come disse una volta Bettino Craxi (ma si sbagliò alla grande…), le volpi sono finite in pellicceria. Poi verrà il Commissario, ma la missione sarà compiuta e Siena tornerà ad interessare solo i suoi cittadini".