Uno dei maggiori disegnatori satirici del mondo arabo e un blogger siriano perseguitato dalle minacce del regime. Sono Ali Farzat (nella prima foto) e Rami Nakhle (nella seconda foto), i vincitori ex aequo dell’undicesima edizione del Premio Internazionale per la Libertà di informazione “Città di Siena-Isf”, dedicato quest’anno al movimento democratico siriano.


Ali Farzat – Aveva disegnato il presidente siriano Bashar Al Assad che faceva l’autostop con Gheddafi e altre vignette satiriche anti regime. Il 25 agosto 2011 persone mascherate lo hanno rapito, lo hanno pestato a sangue e gli hanno spezzato le mani. Ali Ferzat, 60 anni, è uno delle principali figure culturali in Siria. Dalla sua galleria nel centro di Damasco, Ferzat con le sue vignette ha per anni condotto un’ironica e pungente critica del potere. Da marzo 2011 si era dedicato a dipingere il movimento di protesta. Come altri intellettuali siriani, era diventato sempre più critico verso il regime. In passato la sua notorietà gli aveva sempre garantito una certa incolumità. Ali Ferzat è nato nella città di Hama nel 1951, ha iniziato a disegnare vignette a 14 anni per il giornale al-Ayyam, poi chiuso dalla censura. Dopo aver a lungo collaborato con il quotidiano francese Le Monde, nel dicembre 2000 aveva aperto il primo giornale indipendente della Siria dall’inizio della censura del partito Baath, al potere dal 1967. Il giornale titolato al-Domari ricordava per stile e contenuti graffianti il francese Le Canard enchainé. In seguito all’inizio delle sommosse del 2011 il suo giornale è stato chiuso dal regime, in seguito al suo appoggio ai manifestanti.

Rami Nakhle – “They want to kill me, but I will not stop my work”. Vogliono ucciderlo, ma lui non ha intenzione di fermarsi. Il messaggio arriva forte e chiaro via skype. Il suo vero nome è Rami Nakhle, ma è meglio conosciuto con lo pseudonimo di Malath Aumran. Costretto da mesi all’esilio, tiene le redini dello scontro telematico contro il regime siriano di Bashar Al Assad. Vive di Facebook, Twitter, Flickr. Rilascia interviste, organizza le rivolte, conta i morti, carica in rete “almeno 100 video al giorno”, ognuno dei quali testimonia “le violenze di piazza commesse dall’esercito siriano”. Sa di rischiare grosso: “Non soltanto il carcere, perfino la vita”. L’anno scorso è miracolosamente scampato all’arresto, oltrepassando il confine libanese con la polizia siriana alle calcagna. Adesso gli stanno dando la caccia anche fuori dalla Siria, per questo vive da recluso, “non metto mai piede fuori di casa”, passando le giornate attaccato al computer, alimentando l’onda della rivoluzione on line. Ventotto anni e una laurea in scienze politiche, ha iniziato a percorrere le vie del web cinque anni fa, fondando la rivista on line Siria News. Poco dopo ha lanciato la campagna contro la rete di telefonia cellulare Syriatel, accusata di corruzione e di proprietà del cugino del presidente siriano Assad. Intervistato pochi giorni fa da una radio svedese su come si svolgono le sue giornate, ha così risposto: “Dormo tre ore a notte, sono connesso a Internet tutto il giorno. Mi contattano tantissimi giornalisti da ogni parte il mondo. Rilascio interviste, aggiorno le mie pagine di Facebook e Twitter per denunciare le violenze quotidiane sulle strade delle nostre città, sono in contatto perenne con altri attivisti in Siria, ci scambiamo informazioni e organizziamo le rivolte. E’ l’unico modo per denunciare quello che succede. I giornalisti rimasti in Siria sono pochissimi, e quei pochi sono controllati dal Governo. I giornalisti siamo diventati noi”.


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