Una crisi dirompente e diramante che abbraccia tutti i comparti dell’economia locale, nazionale ed internazionale. È la crisi globale di cui ormai si sente parlare da circa tre anni a questa parte ma dietro la quale si cela, in maniera forse più grave, anche la decadenza del sistema democratico di rappresentanza. È stato questo il nodo centrale della ‘lectio magistralis’ tenuta dall’ambasciatore Sergio Romano a Siena davanti ad un’interessata platea formata da giovani studenti dei licei senesi insieme ad autorità politiche e religiose per l’incontro “Il mondo delle crisi”, organizzato nell’Auditorium di Chianti Banca.

Sergio Romano a 360° Romano, autore, editorialista de Il Corriere della Sera ed una lunga carriera diplomatica alle spalle tra Londra, Parigi e Mosca (allora capitale dell’Unione Sovietica), ha catalizzato su di sé le attenzioni del numeroso pubblico per oltre un’ora andando a fondo e contestualizzando l’attuale crisi economica  tra aneddoti storici, colte citazioni e modelli di comportamento governativi che hanno segnato soprattutto il secolo scorso. «La crisi economica in cui viviamo oggi non trova precedenti nella storia: è la prima del mondo globale all’apice dell’era della globalizzazione». Esordisce così Sergio Romano durante il suo intervento, e prosegue. «Il mondo in cui viviamo oggi si connota per un deficit di democrazia, o meglio per il fallimento della democrazia rappresentativa. Oggi un nostro voto vale un giorno in meno: è questa la grande rivoluzione cui ci troviamo di fronte. Perché la crisi, e le soluzioni per uscirne, non si possono più trovare all’interno dei confini nazionali».

Nuove forme di partecipazione Secondo l’ambasciatore Romano, oggi persistono equilibri, giudizi e rapporti che riguardano macro-aree e quindi «non basta risanare i conti pubblici e rilanciare la crescita. Occorre cercare ed inventare nuove forme di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica – conclude Romano – La democrazia del domani nascerà dall’eliminazione di quei fattori che portano oggi ad avere governi dai poteri limitati ed eleggerà ai suoi vertici un’oligarchia tecnica, mentre il confronto democratico rimarrà utilissimo per gestire il locale, dove tutt’oggi riesce ad avere una discreta presa. Vietato parlare in termini di utopia, occorre guardare alle cose che non vanno oggi e agli esempi negativi del passato: nulla ci insegna come gli errori».

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