Un piccolo quaderno a quadretti con la copertina nera, parole scritte in maniera confusa ma precisa, versi in dialetto genovese, schizzi, scarabocchi, frasi ora sottolineate, ora cancellate ora riscritte. Un piccolo scrigno nero  custodisce i segreti nascosti di una perla della musica italiana. Lo scrigno è custodito a Siena dal Centro Studi Fabrizio de André e la perla in questione è il disco Creuza de Ma (1984).
 
La scoperta Nel tredicesimo anniversario della morte del cantautore genovese Federica Ivaldi, borsista al Centro Studi, sta conducendo le proprie ricerche proprio su quel piccolo quaderno nero a quadretti dove Faber ha “disegnato”, ancor prima che scrivere, il suo undicesimo disco. In questo quaderno la scoperta su uno dei versi della canzone Sidùn scritto inizialmente in maniera differente da come poi la stessa canzone è stata registrata su disco e cantata sui palchi. Il verso in questione è doppu u feru in gua i feri d’a prixùn (dopo il ferro in gola i ferri della prigione). Si tratta di una scoperta fino ad oggi inedita e in quanto tale impossibile “rubare” a Federica la versione originale del verso trascritto nel quaderno nero a quadretti. La canzone è poi arrivata a noi comunque come una delle massime espressioni poetiche di De André capace di raccontare in modo struggente lo strazio di un padre alla morte del figlio ucciso a Sidone, in Libano, durante la guerra Civile per mano delle truppe di Sharon (il fatto è presumibilmente databile nel 1982).
 
Il racconto «Non ci sono indicazioni o elementi precisi sul quaderno per risalire alla datazione esatta – spiega Federica – anche se è palese la collaborazione già avviata con Mauro Pagani per la realizzazione del disco. Il documento rappresenta una fonte unica di studio. E’ interessante notare come non ci sia una definizione precisa dei confini tra una canzone e l’altra che poi andranno a comporre il disco, i testi spesso s’intrecciano addirittura tra loro e tutti sono seguiti, scritti e riscritti con attenzione puntigliosa non solo sul significato ma anche sulle sonorità delle parole che, nel disco Creuza de Ma, totalmente in dialetto genovese, hanno una valenza fondamentale. Altro aspetto di rilievo è notare come già in una presumibile prima stesura dei testi ci sia forte attenzione alla divisione delle strofe. Il quaderno comunque rappresenta in primo luogo – conclude Federica – una sorta di repertorio di idee e di temi che in parte hanno già preso forma nelle pagine prima di rivivere in tutto e per tutto nelle canzoni di Creuza de Ma».
 
Le fonti storiche-letterarie Nel caso di Creuza de Ma i libri a cui sicuramente De André si è ispirato sono essenzialmente due, entrambi conservati dal Centro Studi ed entrambi che trovano riferimenti e note nel quaderno nero a quadretti. Il primo riguardante la storia del Mediterraneo (qui i rimandi alla canzone Sinàn Capudàn Pascià sono numerosissimi) e il secondo un volume sui canti e le filastrocche popolari italiani. Entrambi i libri riportano in maniera evidente sottolineature e appunti fatti da De André.
 
Il testamento A poter curiosare tra i tesori conservati dal Centro Studi Fabrizio De André si scoprirebbe un altro cimelio a testimonianza dell’instancabile e continua operosità poetica del cantautore genovese. Questa volta il documento è un po’ più antecedente – come rivela il professor Stefano Moscadelli – e risale agli anni degli studi universitari di De André. Nei suoi appunti presi durante le lezioni di diritto privato è nata, ironia della sorte, la canzone Il testamento. Mentre il professore spiegava lui ci lasciava le sue ultime volontà in musica. Ironia della sorte, rileggere il testo di quella canzone oggi a 13 anni dalla sua morte.
 
Dalla cronaca alle canzoni E’ riconosciuto come Fabrizio De André fosse molto attento a testi e parole e come traesse fonte di ispirazione da libri e articoli di giornale oltre che da momenti di vita vissuta. Emblematico, su tutti, il caso della Canzone di Marinella per il quale, solo in un’intervista rilasciata anni dopo la prima esecuzione da parte di Mina, Faber ha confessato di essersi ispirato ad un fatto di cronaca letto molti anni prima su un quotidiano locale di Asti e che parlava della morte di una giovane ragazza costretta a prostituirsi e trovata senza vita nel fiume uccisa da un delinquente. "Questa canzone è nata da una specie di romanzo familiare applicato ad una ragazza che a sedici anni si era trovata a fare la prostituta ed era stata scaraventata nel Tanaro o nella Bormida da un delinquente. Un fatto di cronaca vera che avevo letto a quindici anni su un giornale di provincia. La storia di quella ragazza mi aveva talmente emozionato che ho cercato di reinventarle una vita e di addolcirle la morte…" (F.De Andrè tratto da "Come un'anomalia").