“Le opportunità delle fusioni tra Comuni”. Così, i commercianti della provincia senese hanno titolato un loro convegno, facendo subito capire da quale parte pendevano. E perché fosse ancora più chiara la pendenza hanno chiamato a discettarne i sindaci dei maggiori comuni senesi, Siena, Poggibonsi e Montepulciano. Come a dire, questi sono i nostri interlocutori. Non i piccoli che ormai non hanno, a parere degli organizzatori, più ragion d’essere. A quanto pare nemmeno uno di quei quattordici primi cittadini firmatari di un documento molto netto contro le fusioni, soprattutto se obbligatorie e imposte dall’alto. L’invito al sindaco di Casole, Piero Pii, unica voce fuori dal coro, è invece arrivato quando si era capito che almeno un contradditorio andava garantito. E già questo era un indice di pendenza.

invito«Dopo la soppressione delle Province per dialogare con la Regione ci vogliono i sindaci di grandi Comuni, non di piccole comunità», ha detto qualcuno dei relatori. Grande e grosso meglio di piccolo, dunque? Domando se lo stesso non dovrebbe valere anche per il commercio. Stando alla stessa logica, infatti, per Confesercenti, un grande centro commerciale, dove il cliente trova di tutto, sarà meglio di un piccolo centro commerciale naturale, di cui negli anni passati se ne sbandierava l’importanza; e le grandi catene di negozi e anche i monomarca, di cui i nostri centri turistici sono ormai invasi, sarà migliore delle piccole, ancorché storiche, attività commerciali, magari a conduzioni familiare.

L’importante è capirsi e dire da che parte si pende. Perché non è più tempo dei “ma anche”, come era la sinistra  dalle nostre parti, in grado di soddisfare le esigenze di rappresentanza dei lavoratori ma anche dei loro datori di lavoro. E, dunque, se per i Comuni dovrebbe valere la regola che grande e grosso è meglio di piccolo, sinonimo di vieto e trito campanile, perché la stessa regola non dovrebbe valere per i negozi? Una vetrina scintillante sarà sempre meglio di una con i manichini anni ’60, giusto?

Bernie_SandersNegli Usa il candidato democratico, Bernie Sanders, autentico outsider, sta scaldando i cuori degli americani perché riprende il filo del discorso di una sinistra che stava dalla parte della gente e non della finanza né delle grandi corporations. E a proposito delle banche ha detto che «se una è troppo grande per fallire (il motivo per il quale nel 2008 gli Usa sono intervenuti nel sistema del credito salvando la stesse banche che avevano creato la crisi finanziaria), allora è anche troppo grande per esistere».

Frase per certi versi illuminante e che pende dalla parte della gente, perché rovescia il pensiero oggi dominante. Non è la dimensione a risolvere il problema. Anzi, se una cosa è troppo grande vuol dire che non serve più agli scopi per i quali era stata concepita. Ognuno ha esempi infiniti cui applicare questa regola: banche, aziende, istituzioni e hissà quant’altro. Del resto, per rimanere al tema dei Comuni nessuno ha mai sentito parlare di una legge “salva Montieri” o “salva Trequanda”, casomai di una “salva Roma” o Catania. E se consideriamo il livello di indebitamento dei Comuni scopriamo che anche in Toscana sono i più grandi ad avere problemi non certo i piccoli. E sui numeri la bilancia pende senz’altro dalla parte dei piccoli.

Per tornare al convegno, sono rimasto deluso, dunque, che una simile posizione sia stata sposata da chi, per ragione sociale, dovrebbe assicurare e difendere il mantenimento delle diversità, della ricchezza di offerta e varietà commerciale, che significa anche qualità dell’occupazione e mantenimento di posti di lavoro sul territorio piuttosto che dentro ai “non luoghi”, di cui peraltro la provincia di Siena è quasi del tutto sprovvista.

L’anima di un borgo o di un piccolo centro, oltre alla sua storia, all’arte, musei e chiese (che nessuna riforma accentratrice e dirigista potrà portare via) non sono forse anche le sue attività commerciali con la loro variegata e straordinaria rete di piccole attività commerciali e artigiane? Per comprare i miei dischi sono disposto a spostarmi di qualche decina di chilometri perché quel certo negozio ha un’offerta più ricca e variegata di un altro, magari sotto casa. Se il negozio fosse uguale a tanti altri in giro ci penserei mille volte prima di spostarmi.

Rimini_centro_commercialeSopprimere un Comune piccolo, inglobandolo in uno più grande e distante, avrà una conseguenza immediata sul tessuto sociale ed economico. E il venir meno del Sindaco, nel giro di breve, porterà oltre ai fenomeni già in atto di invecchiamento rapido della popolazione e  altrettanto rapido spopolamento, a vedere scomparire uffici postali, carabinieri, centri di presidio medico e sociale. E poi, in ultimo, i piccoli negozi. Anche quel negozio di dischi così originale e unico che è solo in quel paese.

E cosa rimarrebbe in piedi? Poco più che piccoli borghi pittoreschi che prenderebbero vita da Pasqua a ottobre, ad uso e consumo del turismo. Mentre ai residenti rimarrà l’amarezza di sentirsi periferia dell’impero e cittadini di serie B.

Si è detto che il convegno di ieri era l’inizio di un dibattito, peraltro negato in quella occasione. Registriamo solo che questo dibattito è iniziato male, e a questo punto non solo per difetto della politica, e del Pd in particolare. Ma anche dei commercianti che mi sarei aspettato di trovare in difesa dei piccoli Comuni e non pendere dalla parte dei più forti.

Speriamo che in futuro ognuno possa dire la sua, compreso qualcuno di quei sindaci che proprio non ci stanno a vedersi cancellare il Comune. Non la poltrona dalla quale volentieri si alzerebbero, ma in difesa di una storia secolare di civismo che ha fatto dei toscani un popolo unico e della Toscana una terra meravigliosa. Perché questa sarà pure terra di campanili ma nessuno di questi è pendente. E l’unico è diventato un meraviglioso richiamo al mondo.

Ah, s’io fosse fuoco