Aumentati gli iscritti alle università toscane del 10% dall’anno accademico 2000-01 al 2007-08. Cresciuti del 231% i corsi di laurea, di questi l’80% della specialistica hanno meno di 10 studenti e il 60% ne ha meno di 5. Questi i principali dati del rapporto 2010 sul sistema universitario in Toscana realizzato dall’Irpet. Lo studio analizza 10 anni dalla riforma degli ordinamenti didattici che ha introdotto il cosiddetto 3+2. “Stiamo lavorando per supportare le università toscane in un necessario percorso di innovazione che inizia subito e ci porterà, insieme, all’università 2030”, questo il commento di Stella Targetti vicepresidente di Regione Toscana con delega proprio ai rapporti con le Università. Targetti ha poi anticipato che la Regione, insieme agli enti di ricerca, intende “avere un ruolo importante anche nel sistema di internazionalizzazione”.


I dati – Per Irpet l’Università toscana è “ipertrofica, lenta, poco efficiente”; una sorta di “fabbrica che ancora oggi impiega troppo tempo per realizzare il proprio prodotto (i laureati), organizzata in modo inefficiente (eccessiva proliferazione dei corsi e delle sedi decentrate) e con un basso tasso di produttività (troppi gli abbandoni)”.  Targetti ha invitato a considerare che “i mali delle università toscane non sono certo esclusivi della nostra regione, ricalcano com’è ovvio i mali dell’intero sistema universitario italiano e, anzi, in Toscana per molti aspetti si sta meglio che altrove”. Lo stesso “rapporto 2010”, in effetti, indica aspetti assai positivi che posizionano il sistema toscano ai primi livelli: siamo la ventunesima regione europea per numero di pubblicazioni, confermiamo una elevata propensione per la produzione di brevetti (il 10% della quota nazionale), abbiamo una attivazione di spin-off superiore alla media nazionale (solo Emilia e Lombardia fanno meglio di noi). E siamo anche la regione con la più elevat a quota di beneficiari del diritto allo studio (10 mila, ovvero il 100% delle richieste) e con una quota di laureati fuori corso al di sotto della media nazionale. I nostri tassi di laurea, triennale e magistrale, sono fra i più alti d’Italia.


Il diritto allo studio – La vicepresidente si è particolarmente riferita al diritto allo studio, alle politiche in favore dell’orientamento, al sostegno verso la ricerca (“In questi giorni abbiamo nominato la Conferenza toscana per l’innovazione e la ricerca”), al disagio giovanile (“Ciò che sta accadendo nel Paese è indicativo non solo di una lotta contro una riforma dubbia ma anche di un forte disagio fra i giovani causato sopra ttutto da una assenza di prospettive”).  Il “Rapporto 2010” di Irpet, presentato da Nicola Sciclone, sintetizza e organizza le informazioni sul sistema universitario toscano. In particolare fornisce le cifre sulle immatricolazioni (21 mila circa nell’anno 2008/09, duemila in meno rispetto a due anni prima). Nelle scelte i corsi di laurea che riscuotono più successo sono, in Toscana, Economia (14,3% del totale immatricolati), Lettere e filosofia (13,2%) e Ingegneria (12,5%). In aumento gli iscritti nelle facoltà tecnico-scientifiche (+17%) e in simmetrica diminuzione quelli nelle facoltà umanistiche (-16%). Un terzo degli immatricolati (31%) proviene da fuori regione (soprattutto dal Sud, in particolare Sicilia, Campania, Calabria). Esigua (4,3%) la componente degli stranieri.


Frammentazione dei corsi di laurea – Dal rapporto emerge la eccessiva frammentazione dei corsi di laurea (dal 2000 al 2008 gli iscritti sono aumentati del 10% ma i corsi del 231%). Con un risultato ovvio: l’80% dei corsi di laurea specialistica hanno meno di 10 studenti (il 60% meno di 5). Poco appetibile la laurea triennale. Troppe le sedi distaccate. Troppi gli abbandoni (18 studenti su 100 abbandonano al primo anno; entro il secondo lasciano altri 25. dopo 5 anni raggiungono la laurea di primo livello solo 37 su 100 e appena 6 quella di secondo livello). Il rapporto si sofferma anche sulle borse di studio e sul rendimento della laurea giudicato inferiore alle attese: fino a 35 anni il salario lordo di un laureato è inferiore a quello di un non laureato.


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