Devo fare ammenda. Lo scrivo in punta di penna (in punta di tastiera non si può proprio) e con lo spirito penitente di chi è colto in fallo, siamo in Quaresima un po’ di penitenza ci sta pure bene, ma lo scrivo: fra tutte queste digressioni sulla vita e il cibo, non ne ho mai dedicata una a chi, in qualche modo, mi ha aiutato a trovare lavoro: il cappuccino. E per questo faccio ammenda.
Come sa chi mi conosce bene, a me piace il cappuccino scuro. Non significa con tanto caffè allungato, ma con una modesta quantità di latte e molta schiuma cremosa in superficie. No, non è un “macchiatone” – ma si poteva inventare una parola più brutta per una cosa tanto buona?! – perché nel suddetto il caffè rimane preponderante. Il cappuccino, scuro o meno, parte su altre basi, ha nell’equilibrio fra latte e caffè la sua essenza. Equilibrio, non mescolìo indecifrabile. Va da sé che l’equilibrio dei sapori e dei profumi trova livelli di gradimento diversi a seconda del palato, ma ci sono i minimi comuni denominatori che sono universali e costituiscono la base da cui partire per ogni viaggio gustativo-sensoriale.
Il cappuccino come lo fanno nei bar in Italia, mi secca essere nazionalista, ma non lo fa nessuno. E non credo avvenga per caso, ma per la presenza di una scuola di tradizione lunghissima che tramanda e diffonde il sapere di come si fa, o non si fa, per ottenere un perfetto cappuccino. Poco importa se in un locale a cinque stelle nel cuore di Milano, Roma, Firenze o Lecce oppure in un piccolo bar di periferia di ognuna delle città di cui sopra. Il cappuccino è tutto nostro come la pizza o le lasagne. E anche il vezzo di servirlo con piccoli disegni in superficie – cuori, nuvole o letterine dell’alfabeto – non ne cambia l’essenza, anzi conferma che da bravi creativi ci mettiamo qualcosa in più. Quindi ancora lode al cappuccino scuro, che bevo da sempre e a cui mi sono ispirata molti anni fa per scrivere un articolo decisivo in una competizione che poi ho vinto e che mi ha portato lungo una strada che sto ancora percorrendo e che mi dà di che vivere.
Di che parlava l’articolo vincente? Ma di immigrazione, of course.
LA RICETTA – Imbarazzante fornire la ricetta per fare il cappuccino. Allora evitiamo gli imbarazzi e facciamolo fare al nostro barista preferito. Sul versante casalingo fai-da-te, a me piace molto il caffè lungo con cioccolato fondente e panna montata. È un po’ calorico e viene bene solo in inverno o comunque quando fa freddo, però, una volta ogni tanto… A chi piace, può aggiungere un goccio di rum per enfatizzare il profumo e dare una nota in più di vigore, ma non è indispensabile. Fate un caffè forte e lungo oppure un caffè americano con l’apposita caffettiera, versatelo in un mug – le tazze da té non vanno bene – fino a metà o poco più, aggiungete due o tre cucchiai di cioccolato fondente caldo e il rum. Anche un cucchiaino di zucchero di canne se amate il dolce spinto, altrimenti astenersi. Mescolate il tutto è coprire con due cucchiai di panna montata e… gustate caldo