Sabato 12 dicembre alle 21.15, con “Lolita”, verrà inaugurata “L’attesa”, la stagione teatrale che accompagnerà il pubblico del Teatro Manzoni di Calenzano fino a maggio 2016. Altro appuntamento da non perdere a dicembre è “Shenzen significa inferno”, in programma sabato 19 (ore 21.15) e domenica 20 (ore 16.30). Ma andiamo con ordine.
Lolita Lo spettacolo rientra in una personale indagine sul tema dell’età, dove il punto di partenza risiede nell’appartenenza o meno a noi stessi, al nostro tempo, a un’età che ci rappresenta e ci attraversa ma che talvolta non corrisponde al nostro tempo interiore, in questo sfasamento tra età e l’esistenza si annida un luogo che chiamerei: Lolita. Un piccolo angolo d’infanzia immerso in un giardino di mele rosse, e una Lolita ormai adulta che attraversa il tempo nel tentativo di ritrovare l’infanzia di cui troppo presto è stata privata. Lolita attende la sua prima volta riponendo in essa il suo desiderio di maturità e libertà, si muove curiosa tra il prima e il dopo, tra una mela e l’altra, sperimenta e provoca gli adulti. Alla regia e sul palco c’è Silvia Battaglio, la produzione è di Tangram Teatro – C.ie Zerogrammi in collaborazione con Compagnia Silvia Battaglio, Julia Varley ha collaborato nel ruolo di consulente artistica. Lo spettacolo si ispira alla letteratura di Vladimir Nabokov, Charles Perrault e Pia Pera, le musiche sono di Torgue e Houppin, Alva Noto e Paolo Conte.
Shenzhen Una nuova produzione di Stefano Massini che con “Shenzhen significa inferno” sigla i tredici anni di residenza del Teatro delle Donne al Teatro Manzoni di Calenzano (Firenze). Chiusi per 60 minuti in una stanza, quattro operai, due uomini e due donne, vengono sottoposti a un test spietato per mettere alla prova le loro attitudini e le latenti fragilità. Una psicanalisi alla rovescia, in cui ogni espediente viene utilizzato per azzerare o rilanciare l’autostima degli intervistati, in un continuo alternarsi di stati emotivi. Il testo è ispirato alla storia vera della fabbrica-lager cinese dove vengono assemblati i nostri telefoni cellulari che, con oltre 800 mila dipendenti, è diventata famosa nel mondo dopo un’ondata di suicidi nel 2010. Il nuovo testo scritto da Stefano Massini non ha niente di tutto ciò che caratterizza solitamente i monologhi. Qui i personaggi sono addirittura cinque, immersi dall’autore in un’atmosfera agghiacciante, a tratti quasi insostenibile, densa di martellanti interrogativi. Perché in fondo tutta questa drammaturgia è una drammaturgia della domanda, un vero interrogatorio, un’inquisizione senza sosta né tregua, concepita per spiazzare e far emergere i punti di rottura. Dopo il grande successo di “Balkan Burger”, Massini costruisce un nuovo spaccato di realtà contemporanea, scommettendo ancora sull’accurato lavoro di interprete di Luisa Cattaneo, già acclamata protagonista di testi cult come “La gabbia” e “Donna non rieducabile”.