numeriAlla BTO di Firenze (manifestazione sempre più bella e di cui essere orgogliosi) sono stati presentati dal Centro Studi Turistici di Firenze anche alcuni dati sull’andamento del turismo in Toscana per l’anno 2015. Sintetizzando al massimo: l’anno si dovrebbe chiudere con 12,8 milioni di arrivi e 44,4 milioni di pernottamenti, dati in entrambi i casi in crescita rispetto al 2014: +2,3% gli arrivi e +2,1%, mentre le stime per il 2016 sono di +1,5%, con le presenze turistiche ufficiali che potrebbero toccare la quota record di 45 milioni di pernottamenti.

Poiché a livello mondiale il tasso di crescita è costantemente di +4% all’anno – abbiamo superato quota 1 miliardo di turisti, nel 2030 si potrebbe sfiorare se non superare i 2 miliardi – credo sia lecito porre una domanda: il 2% è poco oppure è tanto? Nel senso, crescere in arrivi e pernottamenti la metà di quella che è la percentuale a livello internazionale non suscita un immediato entusiasmo, almeno per quanto mi riguarda. D’altra parte, considerando che la Toscana è una delle principali mète mondiali, con già oltre 12 milioni di persone in arrivo, è evidente che i tassi di crescita sono quelli di una destinazione “matura” e quindi inevitabilmente inferiori – in termini percentuali – a quelli di zone meno frequentate.

Ed è con affetto che ricordo qui un aneddoto classico del mondo turistico – riferito di volta in volta a località diverse – per cui dietro ad un titolo clamoroso, “Raddoppiato il numero dei francesi!”, stava una realtà per cui quel +100% era determinato dall’aver avuto 2 turisti invece di 1…

Mai farsi ingannare dalle percentuali, quindi, e allo stesso tempo mai farsi abbagliare dai segni positivi, soprattutto quando – al di là della soddisfazione da tutti condivisa – si vogliono utilizzare a fini politici per far vedere che si sta facendo tanto e bene, quando invece non si fa nulla, o quasi.

Sul turismo che cresce “nonostante la politica”, proprio in Toscana, ci ho scritto un breve volume (leggi) quindi è argomento su cui non tornare sopra più di tanto.

La mia sensazione – che mi riservo di approfondire quando ci saranno dati più dettagliati sull’anno che sta per finire – è che una crescita di +2% non sia per niente sufficiente a ridare fiato ad un settore che ha abbassato molto i prezzi e quindi i relativi margini di redditività e che, cosa più preoccupante, continua a perdere posti di lavoro. Mi sembra invece una base di partenza di una congiuntura favorevole, destinata probabilmente a durare, e che andrebbe presa al volo con politiche di sostegno e di consolidamento di un settore, ancora troppo lasciato a se stesso.