L’obiettivo è chiudere i bilanci 2015 in pareggio. La strada per farlo è lastricata di imprevisti e per le Asl toscane il 2016 che è alle porte non sembra portatore di buone notizie. Rosso è il numero dei conti con l’area fiorentina a rendere più pesante il fardello. Quello che manca a Prato, Firenze, Meyer e Careggi sono 47 milioni che in mancanza di idonea copertura saranno rimpinguati dalle casse dell’assessorato regionale. Pesante la situazione a Prato dove mancano 24 milioni: un ammanco che si ripercuote sul buon funzionamento dei servizi. Gli esami mammografici, ad esempio, si fanno ma non vengono letti perché manca il personale addetto. Considerando quante parole si sprecano per invitare le donne a una corretta trafila degli esami per prevenire i tumori, la notizia sembra quasi una beffa.
Gli ospedali toscani in rosso Non se la passano meglio le Asl di Firenze che ha un passivo di 11 milioni di euro e Empoli quasi 5 milioni. Pistoia è l’unica mosca bianca con un bilancio in pareggio. E ancora peggio va per le aziende ospedaliere toscane secondo la classifica diffusa dall’Agenzia nazionale di sanità (Agenas) che ha messo sotto la lente i conti 2014 degli ospedali di 14 regioni italiane tra cui, appunto, la Toscana. «Spicca tra cinque Regioni, la nostra Toscana, ma per i passivi di bilancio negli ospedali, in una sorta di rosa benchmark ma all’incontrario» ha dichiarato nei giorni scorsi il capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale, Stefano Mugnai. Secondo la graduatoria in Italia ci sono 915 milioni di buco nella spesa ospedaliera cui la Toscana contribuisce con un deficit di 59.849.000 euro spalmati tra il Meyer (3.446.000 euro), Azienda ospedaliero universitaria pisana di Cisanello (14.194.000 euro), quella fiorentina di Careggi (19.775.000 euro) e quella senese de Le Scotte (22.434.000 euro).
Associazione Confronti: «L’ospedale non si gestisce come una fabbrica» E proprio su questa ultima realtà si è espressa a Siena anche l’Associazione Confronti che ha lanciato l’allarme: «L’AOUS ha 22milioni di euro di passivo e rischia di perdere 15 scuole di specializzazione medica. Senza ricerca e scuole non c’è futuro per Le Scotte. E’ troppo tempo infatti che alle Scotte manca la programmazione: l’attuale tendenza, forse frutto di ordini regionali, è quella di “razionalizzare” costi e procedure, assumendo ingegneri, anziché medici e infermieri, come se si potesse gestire un ospedale con gli stessi criteri di una fabbrica d’auto, la cosiddetta “organizzazione lean” che, di questi tempi, non è neppure un modello da seguire. E i malati non sono macchine». Ad essere malata è la sanità pubblica.