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Ivana Ciabatti

Ad Arezzo oggi si apre GOLD/ITALY, l’unica fiera dedicata al gioiello Made in Italy,  giunta quest’anno alla sua terza edizione. Malgrado il settore orafo italiano viva un momento di sofferenza – in gran parte dovuto al crollo dell’export negli Emirati Arabi – GOLD/ITALY punta in alto e chiama a raccolta oltre 260 espositori: ben il 25% in più dell’edizione 2014, provenienti dai cinque distretti orafi italiani di Arezzo, Vicenza, Valenza, Napoli e Milano. Il richiamo di GOLD/ITALY sembra essere forte, sono già più di 330 i buyer accreditati, provenienti da 98 paesi diversi. In questi tre giorni di fiera gli organizzatori stimano infatti un potenziale di vendite complessivo pari a più di 7 miliardi e 300 milioni di dollari. Per comprendere l’andamento del settore orafo aretino e italiano, abbiamo intervistato Ivana Ciabatti, imprenditrice aretina e Presidente Nazionale di Confindustria Federorafi.

L’oro italiano nel mondo: «Niente paura, la nostra qualità è ineguagliabile» «Non dobbiamo farci scoraggiare dai nostri competitor. Gli imprenditori cinesi e indiani sono agguerriti, ma la maestria degli orafi aretini e italiani non è replicabile. Non ci si improvvisa orafi. Solo ad Arezzo abbiamo più di 2000 anni di storia alle nostre spalle, un patrimonio che ci rende unici. Abbiamo creatività e tecnologia. La nostra produzione è sinonimo di qualità. Teniamo presente che questo settore, in Italia, rappresenta il 6,6% del sistema moda internazionale e non dimentichiamo che oltre il 70% della nostra produzione va a confluire nei mercati esteri. Il nostro mercato interno è fermo, per questo dobbiamo strutturare un piano per incrementare l’export». A causa dei conflitti politici che animano i paesi esteri però, proprio l’export orafo italiano ha subito una battuta d’arresto negli ultimi tempi. Il caso più eclatante è quello dell’indotto aretino. Messo in grave difficoltà dalla crisi politica del Medio Oriente, e in particolare degli Emirati Arabi Uniti, solo nei primi sei mesi del 2015 ha fatto registrare un calo dell’export del 25% rispetto al 2014.

Qual è il futuro del settore orafo italiano? Le aziende italiane quali rischi corrono a puntare tutto sull’export?

«Confindustria Federorafi va incontro al futuro agendo su più fronti. Fermo restando che il domani delle nostre aziende risiede nell’export, dobbiamo diventare protagonisti di mercati diversi e andare incontro ai Paesi emergenti, per non rimanere vittime delle crisi interne che ciclicamente colpiscono le varie zone del mondo. Parte fondamentale del Decreto Sblocca Italia sta nel prendere per mano le aziende medio piccole – cuore del nostro settore – e accompagnarle nel mercato internazionale. Insieme a questo c’è un piano per abbattere i dazi doganali che gravano sulle industrie italiane. I rapporti che abbiamo con gli Stati Uniti sono emblematici in questo senso. Il mercato americano è in ripresa e non va assolutamente sottovalutato. Se riuscissimo ad abolire i dazi doganali con gli Stati Uniti potremmo prevedere un incremento sensibile nell’export. Nel 2000 il mercato americano rappresentava il 35% dell’esportazione del prezioso italiano. Oggi è solo il 9%, ma il volume di affari è in aumento. Se nell’inizio del 2016 andrà in porto questa operazione, si stima un incremento dell’export del 25%, pari a oltre un miliardo di euro di affari».

Il distretto orafo aretino e il suo rapporto con gli Emirati Arabi: un unicum italiano tra momenti di gloria e profonde crisi.

«Le difficoltà che sta vivendo il settore orafo aretino sono la dimostrazione della profonda necessità, comune a  tutti, di diversificare i nostri interlocutori. Per non rimanere vittima delle crisi internazionali, dobbiamo puntare su mercati diversi ed emergenti, come Messico, Indonesia e Filippine. Per il 2019 è previsto l’affermarsi di 202 milioni di nuovi ricchi in ben 30 nuovi Paesi emergenti. Questi nuovi ricchi non potranno fare a meno dei prodotti dell’Italian Life Style per affermare il loro nuovo status sociale. Saremo noi a dover intercettare questa richiesta di prodotti e valori tutti italiani. Dato che i mercati possono cambiare velocemente, dobbiamo essere pronti e versatili».

 

Un esempio?

«La Cina: sembrava un gigante dalla crescita inarrestabile, invece ora anch’essa ha le sue difficoltà. Dobbiamo imparare a modificare le nostre produzioni, fino a riconvertirle, senza mai adagiarci troppo nei momenti più sereni. Nel passato Arezzo ha forse azzardato troppo, concentrando quasi tutta la produzione orafa su un mercato volubile come quello degli Emirati».

A GOLD/ITALY Arezzo sfida la crisi rilanciando il Made in Italy. 

«GOLD/ITALY è la dimostrazione che unendo le eccellenze italiane del gioiello, della moda e del cibo potremmo conquistare il mondo. La chiave sta tutta nel valore di ciò che facciamo. Quando smetteremo di pensare esclusivamente a vendere prodotti e ci concentreremo su produrre e vendere valori, risolleveremo le nostre sorti. Replichiamo le nostre eccellenze, replichiamo il format di GOLD/ITALY ed esportiamolo perché è assolutamente vincente. La manifestazione non è solo un’occasione di incontro tra produttori e buyer ma è anche un trampolino di lancio per superare egregiamente il delicato momento di transizione che vive il settore orafo italiano. Progettiamo un futuro insieme a tutti e cinque i distretti orafi del Bel Paese. Non a caso la manifestazione ha un’unica regia condivisa con Fiera di Vicenza. Dopo tanti anni e tanti sprechi abbiamo capito che possiamo andar incontro al futuro solo facendo squadra e costruendo una nuova identità comune, quella del Gioiello Italiano nel Mondo».