«L’8 marzo sia l’occasione per riportare l’attenzione sul problema acuto della disparità di genere. Gli ultimi dati Irpet alzano il velo sulla realtà: molte più donne toscane stanno perdendo il lavoro rispetto agli uomini. Nella categoria under 35 sono il doppio in confronto all’altro genere. Una situazione senza equivoci nei suoi numeri. Le Istituzioni devono mettere al centro dei programmi per la lotta alla disuguaglianza».
Così Paola Butali, presidente di Aidda Toscana, l’associazione delle donne imprenditrici e dirigenti d’azienda, sulla crisi del lavoro che sta colpendo in maniera importante il settore femminile. «Il Covid è stato una macchina del tempo: ha riportato indietro la nostra società. E dovrebbe spaventare ogni fazione politica che proprio i giovani, il nostro futuro, sono i più in difficoltà. Aidda osserva questo fenomeno ogni giorno, ormai da mesi. Il problema alla base è prima di tutto culturale. Nell’emergenza si ripresenta il connubio tra donna e casa, con la gestione dei figli viste le scuole chiuse. E poi la necessità di accettare lavori part-time, spesso sottopagati, visto che non viene offerto altro. Rialzarsi dopo la pandemia sarà molto complesso, perché il lavoro femminile è stato reso ancora più fragile, con sempre più differenze rispetto a quello maschile. E questo non lo possiamo accettare».
«Temiamo – spiega la presidente nazionale Antonella Giachetti – che queste difficoltà diventino permanenti. E come emerge dal Rapporto nazionale Impresa di genere Unioncamere, dopo anni che ogni trimestre le imprese femminili segnavano crescite superiori a quelle maschili, tra aprile e settembre 2020 questa crescita si è azzerata, già troppe donne hanno abbandonato le proprie iniziative e altre stanno abbandonando il sogno di aprire un’impresa, scoraggiate dalla situazione contingente in un sistema così organizzato. A livello nazionale – prosegue Giachetti – ritengo che ci siano due interventi importanti da considerare. Prima di tutto dobbiamo ipotizzare forme di microcredito anche per piccole iniziative lavorative delle donne, soprattutto in territori svantaggiati nella convinzione che oltre a rendere più autonome le donne e a portare un miglioramento del bilancio familiare, contribuisca a rendere più prosperi i territori dove tali iniziative si affacciano. Inoltre vanno previste, limitatamente a un determinato periodo post-pandemico, sostegni finanziari specifici a imprese femminili che hanno subito forti perdite per effetto dell’epidemia, con caratteristiche ibride tra finanziamento e capitale (senza ingerenza nelle scelte gestionali), al fine di permettere alle stesse imprese di uscire dalla crisi con tranquillità e poter investire contemporaneamente in ricerca e sviluppo per adeguarsi alla transizione economica in atto».