Alessandro Haber compie oggi settant’anni sul palcoscenico del teatro Guglielmi di Massa, provando il suo ultimo spettacolo, “Il padre” di Florian Zeller, in prima nazionale venerdì 20 e sabato 21 gennaio: barba lunghissima, capelli arruffati e sguardo perso, perché interpreta assieme a Lucrezia Lante Della Rovere, un anziano malato di Alzheimer, Andrea, costretto a vivere dimenticando giorno per giorno tutte le sue esperienze, abbandonando i suoi ricordi, senza riconoscere più la figlia, gli amici, senza capire quanti anni ha e dove si trova.
«Uno spettacolo in cui si ride e si soffre» «Ho amato il testo di Zeller dopo un anno da quando lo lessi la prima volta- racconta Haber ad agenziaimpress.it -; forse ero stato troppo superficiale, non mi aveva appassionato. Poi capii. Capii la grande intuizione di far vivere al pubblico l’Alzheimer, attraverso le mie dimenticanze, le mie ire, le mie stranezze. Si ride molto in questo spettacolo, fatto di mirabili freddure, pieno di ironia; poi si soffre terribilmente, quando arriva la fine, quando la malattia si è presa tutto e io torno bambino e piango perché vorrei mia madre accanto».
«La creazione di un personaggio come nel sesso i preliminari» Haber e il teatro. La vita, la malattia, il teatro, la morte: Haber è sempre lo stesso, un grande attore che ha interpretato tutto l’interpretabile, dall’uomo comune a Bukowski, passando dalla commedia dell’Arte, ai film toscani di Pieraccioni, con il suo pessimo carattere e la capacità di chiedere scusa: «Ho settant’anni e ancora me la faccio sotto ad ogni spettacolo- racconta Haber-; non mi preparo mai, non so la parte fino al giorno prima, le compagnie mi odiano, poi si fa pace è ovvio; dovevo studiare il comportamento dei malati di Alzheimer, ma non l’ho fatto. Conobbi la madre di un amico che aveva questa malattia, la vidi due volte, mi colpì lo sguardo spento. Mi bastò. La creazione di un personaggio è il momento più bello, come nel sesso i preliminari. Poi arriva l’orgasmo certo, ma dopo finisce tutto, il personaggio è pronto, tu non hai più nulla da fare. La magia del teatro sta lì, io non ho certezze fino al giorno della prima, poi salgo sul palco e non ce n’è più per nessuno».
«Il grigio eterno della morte mi fa paura» Interpretare il vecchio Andrea non è stato però indolore per Haber, un personaggio che arriva a settanta anni, dopo una ricca carriera fatta di tanta gavetta e tanti momenti bui, costretto a confrontarsi con la malattia e con la morte: «Una riflessione sulla vita e la morte la faccio- dice Haber-, anche se non mi sento vecchio. Me ne accorgo quando mi guardo allo specchio e mi sento la sciatica. Il teatro è meraviglioso, mi permette di rimanere sempre con i miei giocattoli. Però la morte mi fa paura, pensare a quel grigio eterno e infinito. Mi dispiacerà morire. Non credo nella reincarnazione, ma credo ci sia bisogno di credere in qualcosa per affrontare la morte».
Tempo di bilanci? «Non ho ancora finito» Potrebbe sembrare il tempo dei bilanci, ma non per Alessandro Haber: «Fateli voi giornalisti che ne siete capaci, io non saprei come ricordare i miei esordi, la gavetta estenuante, i tempi bui, che sono stati tanti, il cinema che mi ha reso conosciuto al grande pubblico, i grandi con cui ho lavorato, i premi. Non ho ancora finito». Però non può evitare di lasciarci con il ricordo di quella scena memorabile di “Amici miei atto II”, in cui interpreta un vedovo che scopre, sulla tomba della moglie Adelina, il tradimento della compagna, finto, andato avanti per anni: «Ancora mi fermano – conclude Haber senza riuscire a trattenere il sorriso – dicendomi che non avrei dovuto andare in Germania». Spiegare questa scena non renderebbe giustizia, rivederla omaggia Haber e il buon cinema italiano.