Il 7 agosto 1420, 600 anni fa, l’Opera di Santa Maria del Fiore dà avvio alla costruzione della Cupola della Cattedrale di Firenze. Un edificio destinato a cambiare la storia del mondo. Un’impresa considerata “impossibile” a cui sarà in grado di dare risposta solo un uomo, Filippo Brunelleschi (Firenze 1377 – 1436), di cui erano note non solo la maestria d’architetto, ma anche l’intelligenza. Un’intelligenza che metteva paura, dicono le fonti, tanto era acuta e vivida. Con questo capolavoro inizia, convenzionalmente, la grande stagione dell’Umanesimo e del Rinascimento. La Cupola è innanzitutto il simbolo dell’Universo, del suo ordine e della sua bellezza. Per i cristiani parla di Dio e del suo ricongiungimento con gli uomini.
La più grande al mondo in muratura Ancora oggi la Cupola di Santa Maria del Fiore è la più grande al mondo in muratura, con il suo diametro interno di circa 45 metri ed esterno di 54,8. Il tamburo ottagonale (la base della Cupola) sorge a circa 55 metri da terra per raggiungere la spettacolare altezza di 91 metri ai piedi della Lanterna e 116 alla sommità della stessa. Un’immensa struttura, si presume costituita da più di 4 milioni di mattoni. Sarà il modello per altre cupole nel mondo, prima fra tutte quella di San Pietro in Vaticano su progetto di Michelangelo.
Riapertura al pubblico Nel 2020, l’Opera di Santa Maria del Fiore aveva previsto un ampio programma d’iniziative per celebrare questa importante ricorrenza, che a causa della pandemia da Covid 19 sono state tutte rimandate. Dopo la chiusura dei monumenti durante il lockdown e la progressiva riapertura, nei mesi diagosto e settembre la Cupola sarà di nuovo aperta al pubblico tutti i giorni, e per la prima volta, con orario prolungato fino alle 21.00. Con la Cupola riapre anche la Cattedrale ai turisti, dal lunedì al sabato, con ingresso gratuito (www.duomo.firenze.it).
L’edificazione della Cattedrale di Firenze, iniziata nel 1296, era giunta all’alba del Quattrocento al livello del tamburo ottagonale, ma si era fermata da più di 120 anni di fronte alla sfida ingegneristica di “voltar la cupola”, uno spazio di ciclopiche dimensioni che si apriva sul cielo e faceva paura solo a guardarlo. Nessuno fino a quel momento aveva avanzato un progetto credibile. Le tecniche del tempo, che prevedevano impalcature da terra e centine di supporto, sembravano inadeguate. Troppo alta la cupola e troppo vasta. Per questo, l’Opera di Santa Maria del Fiore, patrocinata dall’Arte della Lana, aveva bandito due anni prima, il 20 agosto del 1418, un concorso che alla fine vedrà vincitore tra i molti Filippo Brunelleschi. L’incarico fu affidato sulla fiducia. Brunelleschi, infatti, non volle rivelare i suoi piani. Dettò però una “regola costruttiva”, in base alla quale la cupola, formata da due calotte separate ma interconnesse, avrebbe dovuto essere costruita senza armatura, o meglio con armatura autoportante e cioè fissata ai cerchi di mattoni che andavano via via ergendosi. Di fronte agli “operai” che ancora esitavano riguardo alla tenuta delle strutture da lui concepite, Filippo, disse: “Ma ricordandomi che questo è tempio sacrato a Dio et alla Vergine, mi confido che, faccendosi in memoria sua, non mancherà di infondere il sapere dov’e’ non sia, et agiugnere le forze e la sapienza e l’ingegno a chi sarà autore di tal cosa”.
I lavori di costruzione della Cupola avranno fine il primo agosto del 1436. La lanterna con copertura a cono, su disegno di Brunelleschi, sarà realizzata solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1446, così come la palla di rame dorato con la croce, opera di Andrea del Verrocchio, terminata venti anni dopo. La Cupola non sarà un’impresa senza precedenti solo dal punto di vista architettonico e ingegneristico ma anche per l’organizzazione del cantiere di cui Filippo Brunelleschi progetta ogni dettaglio: dalle macchine per costruire, ai ponteggi e fino agli attrezzi. In anticipo di secoli, saranno i progetti dei ponteggi “aerei” con parapetti di protezione per le cadute e vista sul vuoto per le vertigini, così come gli spazi “in quota”, dove gli operai consumavano il cibo e le bevande, evitando così di esporsi al pericolo delle salite e delle discese. Nei sedici anni della durata del cantiere, si ha notizia di una sola “morte bianca”, benché vi lavorassero circa sessanta persone. A Brunelleschi si devono, inoltre, gli attrezzi di cantiere – oggi visibili al Museo dell’Opera del Duomo – e le straordinarie macchine per il trasporto e la messa in opera dei materiali, che saranno studiate dai suoi successori, prima fra tutti Leonardo da Vinci. Enormi gru in grado di ruotare, carrelli orizzontali e verticali, leve e argani a più velocità, mossi dalla semplice forza animale e dal sapiente uso d’ingranaggi, pesi e contrappesi. Di queste macchine non esistono progetti o modelli autografi ma fortunatamente sono arrivati a noi i numerosi disegni fatti da Bonaccorso Ghiberti (Firenze, 1451-1561), che costituiscono un patrimonio fondamentale per conoscenza della Cupola