La letteratura è conoscenza, viaggio, emozioni, scoperta di se stessi, degli altri e del mondo. Ne troveremo conferme anche in questa rubrica che, settimanalmente, proporrà frammenti d’autore. Un piccolo “manuale d’uso” per i nostri giorni comuni e, soprattutto, per i sentimenti che dentro quei giorni abitano.
Ricorre spesso su giornali e TV il tema della guerra. Sono cento anni da quella del 14-18, settanta dallo sbarco di Normandia, molti paesi e città ricordano in questi giorni l’anniversario della Liberazione. Mario Rigoni Stern (un grande scrittore italiano che disse di sé: «Non sono un eroe. Sono solo uno che ha tanta vita dietro le spalle») del dramma della guerra fu cantore lucido e consapevole, avendola vissuta, sofferta e analizzata in prima persona.
Ritornando solo alla mia tana pensavo se avrei trovato posta e che parole nuove dovevo scrivere alla ragazza. Ma le parole nuove erano sempre quelle vecchie: baci, bene, amore, ritornerò. Pensavo che se avessi scritto: gatto per Natale, olio per le armi, turno di vedetta, Beppo, postazioni, tenente Moscioni, caporale Pintossi, reticolati, non avrebbe capito niente. […] C’era la guerra, proprio la guerra più vera dove ero io, ma io non vivevo la guerra, vivevo intensamente cose che sognavo, che ricordavo e che erano più vere della guerra. Il fiume era gelato, le stelle erano fredde, la neve era vetro che si rompeva sotto le scarpe, la morte fredda e verde aspettava sul fiume, ma io avevo dentro di me un calore che scioglieva tutte queste cose.
[Mario Rigoni Stern, da Il sergente nella neve]