Dieci tele estroflesse e la grande opera ARA (1969) ci rivelano un aspetto poco noto dell’attività del celebre ceramista Bruno Gambone (Vietri, 1936), che tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Settanta si è dedicato interamente alla pittura. Volumi geometrici, colori vividi e brillanti, una volumetria che emerge oltre la superficie si fanno largo nei locali della storica galleria Il Ponte di Firenze, che ospita fino al 25 luglio questa ‘ricerca sulle origini’ intitolata ‘Bruno Gambone. Oggetti 1965-1970’ (orario: dal lunedì al venerdì 15.30-19, sabato su appuntamento. Info: 055.240617).
Pittura tridimensionale Figlio del ceramista Guido Gambone, di cui nel ’69 erediterà la bottega, Bruno si stabilisce a New York nel 1963 e qui la sua pittura geometrica acquista, sulla linea di certo Minimalismo statunitense, una volumetria che emerge fortemente oltre la superficie pittorica. Fra il ’66 e il ’67, tale tridimensionalità prende corpo e rilievo: nel 1967 realizza un ambiente di tele tensionate su strutture lignee per la Gallerie Il Cenobio di Milano, città dove si trasferirà l’anno successivo. Delle sue ‘pitture oggetto’ parleranno Germano Celant e Gillo Dorfles, mentre l’artista continuerà a partecipare a numerose mostre con gli amici Bonalumi e Scheggi e ad azioni artistico-teatrali. È questo il mondo delle origini di Bruno Gambone, rimasto celato per oltre quarant’anni e che oggi la mostra cerca di riportare alla luce con il coordinamento scientifico di Carolina Orlandini.