Ci sono gol e gol. Alcuni rimangono.
Il gol di Hateley all’Inter è uno di quelli. 28 Ottobre 1984, trent’anni precisi. Mi sembra di averlo davanti.
E pensare che non fu un gol da passare alla storia: uno di quelli che ti fa vincere uno scudetto, o una coppa. ci fu vinto, invece, un anonimo derby autunnale tra due squadre che vivacchiavano a metà classifica all’ombra del Verona di Bagnoli, della Juve di Platini e persino del Toro di Comi, Leo Junior e Aldo Serena.
Ma fu bello il gol.
E ancora più bella, la foto che lo immortalò: dove si vede Hateley che vola in cielo e lascia a terra Collovati.
Hateley è bellissimo, come han da essere i centravanti che popolano i nostri sogni: quelli che travolgono tutto e non hanno paura di niente.
Collovati è goffo, come sono goffi tutti i “traditori”. Specie quelli che lasciano il Milan in serie B per accasarsi all’Inter.
Era un Milan simpatico e sfigato, quello di Hateley. Che cercava di rifarsi una verginità dopo due retrocessioni in B e lontano anniluce dalle stelle e le patacche sulla maglia che arriveranno dopo (“il club più titolato al mondo” esibito anche sulla carta da lettere)…. e quell’Inglesone forte di testa sembrava proprio il centravanti ideale per sognare, dopo anni di Calloni e Tosetto, Chiodi e Antonelli, il pippone Blissett e “lo Squalo” Jordan.
Quello stacco imperioso in un San Siro gremitissimo (succedeva spesso, allora) aprì ufficialmente lo spettacolare inverno 1984-1985; fu l’inverno dei Duran Duran e degli Spandau Ballet, di Pippo Baudo che imperversava in tv e di “Drive In”. La Carrà che contava i fagioli nella caraffa e l’inverno del freddo polare che seccò gli ulivi. Fu anche l’inverno di Mark Hateley, appunto.
Chissà cosa farà adesso, quest’ Inglesone che poi non lasciò praticamente tracce?
Me lo immagino un cinquantenne grassoccio, con le guance rosse. Probabilmente anche calvo, lui che aveva lunghi capelli neri e pareva una rockstar…
Sarà meglio che non lo veda, allora.
Preferisco continuare a immaginarlo lì, fissato da quell’instantanea nel cielo di San Siro.
Bello come l’inizio di “Pride” degli U2 (1984): oppure “The Power of Love” dei Frankie Goes to Hollywood (sempre 1984).
Bello come il calcio di trent’anni fa.
E noi che lo vedevamo con gli occhi dei diciottenni.