La letteratura è conoscenza, viaggio, emozioni, scoperta di se stessi, degli altri e del mondo. Ne troveremo conferme anche in questa rubrica che, settimanalmente, proporrà frammenti d’autore. Un piccolo “manuale d’uso” per i nostri giorni comuni e, soprattutto, per i sentimenti che dentro quei giorni abitano.
Non-fiction novel, il termine fu coniato da Truman Capote per il suo romanzo “In cold blood” (“A sangue freddo”), resoconto dettagliato di un fatto realmente accaduto alla fine degli anni Cinquanta, il quadruplice omicidio della famiglia Clutter, benestanti agricoltori del Kansas. Lo scrittore decise di raccontare i fatti come realmente si erano svolti. Nacque così il genere non-finzionale, quello che avrebbe generato memoir, reportage, inchieste, biografie, e che ancora oggi è molto in voga. Generando proficue contiguità tra giornalismo e letteratura.
Il villaggio di Holcomb si trova sulle alte pianure di grano del Kansas occidentale, una zona desolata che nel resto dello stato viene definita «laggiù.» Un centinaio di chilometri a est del confine del Colorado, il paesaggio, con i suoi duri cieli azzurri e l’aria limpida e secca, ha un’atmosfera più da Far West che da Middle West. L’accento locale ha pungenti risonanze di praterìa, una nasalità da bovari, e gli uomini, molti di loro, portano stretti pantaloni da cowboy, cappello a larghe tese e stivali con tacchi alti e punte aguzze. Il terreno è piatto e gli orizzonti paurosamente estesi; cavalli, mandrie di bestiame, un gruppo di silos bianchi che si elevano aggraziati come templi greci, sono visibili parecchio prima che il viaggiatore li raggiunga. Anche Holcomb può essere scorto da grandi distanze. Non che ci sia molto da vedere; solo un confuso agglomerato di costruzioni diviso al centro dai binari della Ferrovia Santa Fé, un borgo qualsiasi delimitato a sud da un tratto del fiume Arkansas (pronunciato Ar-kansas), a nord da un’autostrada, la Route 50, a est e a ovest da praterie e campi di grano. Dopo una pioggia, o quando le nevi si sciolgono, le strade prive di nome, di ombra, di pavimentazione, passano dal polverone al fango. A un capo della cittadina si trova una vecchia costruzione spoglia, in calce, il cui tetto sorregge un’insegna elettrica: DANZE, ma il ballo è cessato da tempo e l’insegna è spenta da parecchi anni. Lì vicino c’è un’altra costruzione con un’inutile dicitura, in oro un po’ sfaldato su una vetrina sporca: Banca di Holcomb. Ma la banca è fallita, nel 1933 e i suoi ex uffici contabili sono stati trasformati in appartamenti. E’ uno dei due «condomini» della cittadina; il secondo è un palazzotto cadente conosciuto come il Professorato poiché vi abita buona parte del corpo insegnante della scuola locale. Ma la maggior parte delle case di Holcomb sono costruzioni di legno a un solo piano con una veranda sul davanti. Giù vicino alla stazione, la ricevitrice della posta, una donna scarna che porta una giacca di pelle, blue jeans e stivali da cowboy, presiede a uno sgangherato ufficio postale.
[da “A sangue freddo” di Truman Capote]