Come sono lontani i tempi in cui studenti e professori universitari da Siena e Pisa andarono a combattere insieme. Il Mossotti per i pisani e il Corticelli per i senesi condussero i goliardi del Battaglione universitario nell’inferno di Curtatone e Montanara contro l’esercito austriaco del terribile maresciallo Radetzky. Erano gli anni in cui si faceva l’Italia e i miti nelle Università erano gente come Mazzini o Garibaldi, mentre Marx in quell’anno non era ancora così noto. Alle due città universitarie (e patriottiche) per eccellenza si è poi aggiunta Firenze a formare un’offerta formativa superiore che ha pochi eguali nelle altre regioni d’Italia.
Da fucine di goliardi a boxeur Però c’è qualcosa che non torna in questa Italia ormai fatta, e disfatta, di inizio terzo millenio. Un recente intervento su La Repubblica Firenze dal titolo “Gli atenei toscani con tre futuri diversi” di Emilio Barucci, docente di matematica finanziaria al Politecnico di Milano e prima a Pisa e Firenze, evidenzia il bivio nel quale si trovano i tre atenei. Tra eccellenze, difficoltà di iscrizioni e lacune. «Firenze è simile ad un boxeur attempato ma ancora rispettato e ricco di mestiere, Pisa è un pugile un po’ più giovane che nel tempo ha affinato la sua tecnica in modo efficace, Siena è invece un boxeur che è appena andato ko, si è ripreso ma ancora non sa bene quale futuro potrà avere», scrive Barucci.
La fotografia dei numeri Illuminanti i dati. Gli immatricolati delle lauree di primo livello negli ultimi 10 anni sono rimasti stabili a Pisa, diminuiti del 14% a Firenze e precipitati a – 62% a Siena; mentre il corpo docente è diminuito del 26% a Pisa, 41% a Firenze e 43% a Siena. Tanto che il rapporto studenti/docenti è di 30 ragazzi per docente a Firenze, 31 a Pisa e 22 a Siena. Il corpo degli immatricolati poi è composto per il 45% da studenti fuori sede a Siena (quasi uno su due), per il 18% a Firenze e a metà tra le due sta Pisa. Colpisce anche il dato sui finanziamenti privati per la ricerca con Pisa e Firenze che riescono a raccogliere intorno ai 12 milioni e Siena poco più di 2 milioni.
Le strade per il futuro L’intervento di Barucci è poi interessante per un altro aspetto, che va al di là delle classifiche nazionali e internazionali dei singoli atenei, sebbene proprio una recente graduatoria di “THE” (Times Higher Education leggi) avesse inserito Sant’Anna e Normale tra le prime cento università europee e Firenze tra le prime duecento, non considerando Siena. Il professore, infatti, prova a fare luce su quali scenari possano aprirsi ai tre atenei toscani nei prossimi anni. E se Pisa starebbe puntando ad una forte specializzazione in materie scientifiche, con attenzione alla formazione post laurea e alla ricerca, Firenze sembrerebbe concentrarsi su un’offerta formativa generalista. Mentre Siena sembra specializzarsi nella didattica di primo livello. Nessuna però, osserva Barucci, sembra valorizzare discipline come arte e letteratura che in Toscana potrebbero essere un autentico vantaggio per studenti fuori sede e stranieri. Al momento ad occuparsene in modo pieno sarebbero solo le università per stranieri. Ma attenzione, chiosa il professore su Repubblica, «inutile fare appello alla gloriosa tradizione e declamare l’eccellenza su tutti i fronti», meglio specializzarsi. Chissà cosa penserebbero i goliardi del Quarantotto.